MECCANICA QUANTISTICA – INTRODUZIONE

MECCANICA QUANTISTICA – CONCETTI FONDAMENTALI

La meccanica quantistica (definita anche teoria dei quanti o fisica quantistica), è la teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni a livello subatomico (ovvero a scala piccolissima), ove le precedenti teorie classiche risultano inadeguate, fornendo così una descrizione dettagliata del mondo microscopico. Essa è caratterizzata dalla quantizzazione, che implica, in modo specifico, una limitazione delle grandezze osservabili a valori discreti, anziché continui. Le proprietà fisiche possono quindi assumere solo valori specifici e non valori continui. Il termine “quantizzare” si riferisce al processo di convertire una grandezza fisica continua in una serie di valori discreti.

La MQ utilizza una descrizione probabilistica del mondo microscopico, in cui le proprietà fisiche (come per esempio la posizione e la velocità delle particelle subatomiche) non possono essere misurate con precisione assoluta contemporaneamente, ma solo con una certa probabilità.

La meccanica quantistica è stata sviluppata da un gruppo di scienziati nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Tra questi scienziati si possono annoverare:

In particolare, il fisico tedesco Max Planck (1858-1947) fu il primo a introdurre il concetto di “quanto” nel 1900

Il nostro corpo può essere concepito come un campo vibratorioenergetico formato da miliardi di particelle che scambiano continuamente informazioni con l’ambiente.

La meccanica quantistica sostiene che tutte le particelle subatomiche (compresi gli atomi) che compongono il nostro corpo e l’intero l’universo, sono fondamentalmente costituite da vibrazioni di energia (o campi quantistici). Le particelle sono considerate come vibrazioni o fluttuazioni di tali campi, che permeano sia il nostro corpo che lo spazio cosmico. Quando un campo quantistico è eccitato in un certo modo, si manifesta come (in qualità di) particella con le proprietà corrispondenti.

Ciò implica che l’intero universo sia costituito da una rete di interconnessioni di energia e informazione, e che ogni cosa, inclusi gli esseri umani, sia in realtà un insieme di vibrazioni e frequenze. Inoltre, la fisica quantistica ci ha portato a comprendere che la realtà è influenzata dall’osservatore, il quale ha un impatto diretto sul comportamento e sulla natura delle particelle subatomiche.

Questa prospettiva quantistica suggerisce che il corpo e l’ambiente sono in costante interazione e questa interazione influenza il comportamento delle particelle e, di conseguenza, la realtà che percepiamo.

CORPO NERO

Il corpo nero (astrazione teorica) fu uno dei primi oggetti di studio che portò alla formulazione dei principi fondamentali della meccanica quantistica.

In fisica, un corpo nero è un oggetto ideale che assorbe completamente tutte le radiazioni elettromagnetiche incidenti su di esso (è in grado quindi di assorbire completamente l’energia elettromagnetica che arriva ad esso), senza riflettere o trasmettere alcuna radiazione. Di conseguenza, esso appare completamente nero, perché per l’appunto non rimanda né riflette alcuna luce o radiazione. Cosa accade quando un corpo nero ideale non riflettetrasmette la radiazione elettromagnetica incidente? Accade che l’energia di quella radiazione viene completamente assorbita dal corpo e convertita in energia termica, aumentando così la temperatura del corpo stesso. Questa energia può poi essere irradiata dal corpo nero sotto forma di radiazione elettromagnetica. La quantità di radiazione elettromagnetica emessa da un corpo nero dipenderà dalla sua temperatura. A temperature più elevate, la quantità di radiazione emessa aumenterà.

Max Planck (fisico tedesco, iniziatore della MQ e premio Nobel per la fisica – 1918), durante i suoi studi sulla radiazione termica emessa da un corpo riscaldato, si accorse dell’assenza di continuità di energia nel corpo nero (nella fisica classica, secondo la teoria elettromagnetica di James Clerk Maxwell, si credeva che l’energia della radiazione elettromagnetica dovesse essere emessa e assorbita in modo continuo, senza limitazioni).

Quando Planck cercò di spiegare l’emissione di radiazione da un corpo nero utilizzando la teoria classica, si scontrò con una discrepanza tra i risultati sperimentali e le previsioni teoriche. Le previsioni della teoria classica mostravano che l’energia emessa da un corpo nero aumentava in modo indefinito con l’aumentare della frequenza della radiazione (il che significa che l’energia emessa da un corpo nero avrebbe dovuto crescere proporzionalmente alla frequenza, senza una soglia massima o un limite superiore), un risultato che contraddiceva le osservazioni sperimentali.

Gli esperimenti mostravano che, a frequenze molto elevate, l’energia emessa da un corpo nero raggiungeva un massimo e quindi diminuiva. Questo fenomeno era noto come la “catastrofe ultravioletta“.

Per risolvere questa discrepanza, Planck ipotizzò che l’energia della radiazione elettromagnetica non fosse emessa o assorbita in modo continuo, ma piuttosto in pacchetti discreti di energia. Questi pacchetti discreti di energia furono chiamati “quanti” o “pacchetti di energia”.

Planck introdusse quindi l’idea che l’energia della radiazione elettromagnetica fosse quantizzata, ossia vincolata a livelli discreti anziché essere continua.

La legge di Planck, formulata da Max Planck nel 1900, descrive come l’intensità della radiazione termica emessa da un corpo nero dipenda dalla sua temperatura e dalla frequenza (o lunghezza d’onda) della radiazione.

L‘equazione associata a questa legge descrive come l’intensità della radiazione varia al variare della frequenza e della temperatura. Essa mostra che l‘intensità della radiazione aumenta con l’aumentare della frequenza, ma diminuisce rapidamente per frequenze superiori a una certa soglia.

Successivamente, Albert Einstein nel 1905 applicò la quantizzazione dell’energia di Planck alla luce (in precedenza, secondo la fisica classica, la luce veniva considerata come un’onda elettromagnetica continua). Egli introdusse il concetto di fotoni, particelle discrete di energia luminosa che potevano interagire con la materia in modo quantizzato. Ogni fotone quindi portava con sé una quantità discreta di energia, proporzionale alla frequenza della luce. Questa idea si rivelò fondamentale per spiegare fenomeni come l’effetto fotoelettrico.

Einstein si rese conto che le stesse leggi quantistiche applicate ai fotoni potevano essere estese all’atomo. In questo contesto, Niels Bohr (fisico danese, premio Nobel per la fisica – 1922) nel 1913 sviluppò il suo modello atomico, che incorporava l’idea di orbite discrete per gli elettroni e di energia quantizzata.

Riassumendo, il corpo nero e la scoperta della quantizzazione da parte di Planck sono stati fondamentali per avviare la rivoluzione quantistica nel campo della fisica. Einstein ha poi applicato la quantizzazione alla luce. In seguito Bohr sviluppò il suo modello dell’atomo basato sulla quantizzazione dell’energia, in cui gli elettroni ruotano attorno al nucleo in orbite discrete. Einstein fu uno dei primi sostenitori del modello atomico di Bohr e lo promosse attivamente.

Einstein e Bohr nel corso della vita ebbero un rapporto complesso, caratterizzato da dibattiti scientifici e discussioni filosofiche sulla natura della fisica. quantistica.

QUANTO

Per “Quanto” ci si riferisce a una quantità discreta o individuabile (indivisibile) di energia o altra grandezza fisica (principalmente in relazione alle particelle o ai sistemi di particelle), che possa essere trasferita o misurata. Nella fisica classica, si assumeva che le grandezze potessero variare in modo continuo e infinitamente divisibile (ad esempio, si pensava che l’energia potesse variare in modo continuo da un valore minimo a un valore massimo senza restrizioni), ma nella fisica quantistica si è scoperto che alcune grandezze fisiche (come per esempio l’energia, il momento angolare e la carica elettrica) sono quantizzate.

In parole semplici: alcune grandezze fisiche possono essere trasferite o misurate solo in multipli interi di una quantità elementare, il quanto. Ad esempio, l’energia di un fotone (una particella di luce) è un quanto di energia, e quando si parla di energia quantizzata, ci si riferisce a valori discreti e multipli di questo quanto.

Quantizzare” indica il processo di rendere discrete e quantizzate tali grandezze, consentendo loro di esistere solo in valori specifici anziché in modo continuo.

MODELLO ATOMICO DI BOHR

Prima della teoria di Bohr, il modello atomico prevalente era il modello di Rutherford, secondo il quale l’atomo era costituito da un nucleo positivo al centro, circondato da elettroni che orbitavano casualmente attorno ad esso. Tale modello però aveva una serie di problemi, non riusciva a spiegare in modo soddisfacente come gli elettroni potessero mantenere le loro orbite stabili senza irradiare continuamente energia e collassare nell’atomo.

NOTA. Secondo le leggi dell’elettromagnetismo, una particella carica, come un elettrone in movimento accelerato, avrebbe dovuto irradiare energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Ciò significa che gli elettroni in orbita attorno al nucleo avrebbero gradualmente perso energia elettrica, collassando verso il nucleo stesso. Tuttavia, gli atomi sono noti per essere stabili e non collassano spontaneamente. Ciò implicava che doveva esserci qualcosa che consentisse agli elettroni di mantenere le loro orbite stabili senza irradiare continuamente energia e collassare nell’atomo.

Bohr ha introdotto una serie di postulati nel suo modello atomico per spiegare questi fenomeni. I principali punti del modello di Bohr sono i seguenti:

  1. Gli elettroni in un atomo occupano orbite quantizzate di energia ben definite. Queste orbite sono chiamate “orbite stazionarie” o “orbite di Bohr”. Ogni orbita corrisponde a un certo livello di energia dell’elettrone.
  2. Gli elettroni possono spostarsi tra le orbite assorbendo o emettendo energia sotto forma di quanti discreti chiamati fotoni. Sostanzialmente, l’energia viene emessa o assorbita dagli elettroni in forma di fotoni, che sono particelle elementari associate alla radiazione elettromagnetica, come la luce visibile. Un elettrone che assorbe energia salta a un’orbita più esterna, mentre un elettrone che emette energia passa a un’orbita più interna.
  3. Gli elettroni nelle orbite più esterne hanno livelli di energia più alti rispetto a quelli nelle orbite più interne. L’orbita più vicina al nucleo ha la minima energia, mentre quelle successive hanno energie crescenti.
  4. Gli elettroni possono occupare solo orbite consentite, corrispondenti a determinati valori di energia. Non possono esistere orbite con valori intermedi di energia.
  5. Quando gli elettroni si trovano nelle orbite consentite, non emettono radiazione elettromagnetica. Questo spiega la stabilità degli atomi, poiché gli elettroni non perdono costantemente energia.

Bohr, in sintesi, ipotizzò che gli elettroni in queste orbite stazionarie potessero circolare senza irradiare energia perché erano soggetti a una condizione di quantizzazione dell’energia. Gli elettroni potevano occupare solo specifici livelli energetici permessi, e in queste orbite stabili, le forze attrattive tra gli elettroni e il nucleo si bilanciavano con le forze centrifughe dovute al loro movimento orbitale (gli elettroni in orbita attorno al nucleo sono soggetti a forze attrattive a causa dell’interazione elettrostatica tra la carica negativa degli elettroni e la carica positiva del nucleo. Questo equilibrio permetteva agli elettroni di mantenere le loro orbite senza irradiare energia in modo continuo.

Il modello atomico di Bohr ha contribuito a spianare la strada per lo sviluppo della fisica quantistica e ha gettato le basi per la comprensione della struttura atomica. Tuttavia, nel corso degli anni successivi, con l’avanzamento della fisica quantistica, sono state sviluppate teorie più sofisticate, come il modello atomico a orbitali, che hanno superato le limitazioni del modello di Bohr. Nonostante ciò, il modello di Bohr rappresenta ancora un passo importante nella storia della fisica e fornisce una buona intuizione sulla struttura atomica.

PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI

Wolfgang Pauli (fisico austriaco naturalizzato svizzero, premio Nobel per la fisica nel 1945), studiando in modo approfondito la stabilità degli atomi formulò nel 1925  il principio di esclusione di Pauli, il quale spiega come gli elettroni si dispongono negli atomi. Egli afferma che due fermioni identici (particelle con spin semintero, come elettroni, protoni e neutroni) non possono occupare lo stesso stato quantico nello stesso sistema (due particelle non possono stare esattamente nella stessa posizione). Grazie a questo principio, sappiamo che gli elettroni si dispongono in orbitali differenti attorno al nucleo atomico, occupando orbite diverse con combinazioni uniche di numeri quantici.

Utilizzando il principio di esclusione di Pauli, Bohr fu in grado di spiegare l’origine delle linee spettrali (spettro atomico degli elementi) emesse dagli atomi e le transizioni energetiche che vi sono coinvolte.

PROPRIETA’ QUANTISTICHE DELLE PARTICELLE – PRINCIPALI

Ogni particella elementare possiede diverse proprietà quantistiche (come ad esempio massa, spin, posizione, carica elettrica ed altre grandezze). I valori di tali proprietà (determinati tramite misura quantistica), caratterizzano e distinguono la particella dalle altre particelle.

Ad esempio, l’elettrone è una particella elementare che ha una carica negativa, una massa di circa 9,1 x 10^-31 kg e uno spin di 1/2. Questi valori di proprietà sono unici per l’elettrone e lo distinguono da altre particelle, come il protone, che ha una carica positiva, una massa di circa 1,7 x 10^-27 kg e uno spin di 1/2.

Le proprietà delle particelle sono espresse in grandezze fisiche, le quali, nel loro insieme, definiscono lo stato quantico della particella. Tale stato è descritto dalla sua funzione d’onda (descrizione matematica dello stato quantico di una particella), che contiene informazioni sul comportamento e le proprietà della particella in questione.

  • Posizione: indica la probabilità di trovare la particella in una determinata posizione.
  • Massa: quantità (probabile) di materia contenuta nella particella.
  • Carica elettrica: quantità (probabile) di carica elettrica contenuta nella particella.
  • Spin: comportamento (probabile) rotazionale della particella.
  • Quantità di moto: quantità (probabile) di movimento di una particella.
  • Energia: capacità (probabile) di un sistema di svolgere lavoro o produrre calore.

Lo spin (anche definito momento angolare intrinseco) è una proprietà quantistica delle particelle subatomiche. Esso descrive il loro comportamento rotazionale e non può essere interpretato come rotazione fisica intorno a un asse, in quanto le proprietà quantistiche delle particelle subatomiche, differiscono significativamente dalle proprietà fisiche delle particelle macroscopiche che conosciamo (come ad esempio la materia che compone il nostro corpo, gli oggetti che ci circondano, etc.). Il comportamento quantistico delle particelle subatomiche, non è osservabile a scale macroscopiche (salvo alcune situazioni) a causa delle interazioni con l’ambiente circostante e della natura quantistica delle particelle subatomiche, che rende difficile ottenere informazioni precise sulle loro posizioni o velocità.

La quantità di moto è la quantità di movimento di una particella definita come il prodotto della sua massa per sua velocità.

Formula -> p = m * v
p = quantità di moto
m = massa
v  = velocità

Questa formula ci dice che la quantità di moto di una particella aumenta con la sua massa e con la sua velocità. Ad esempio, un oggetto massiccio in movimento avrà una quantità di moto maggiore rispetto a un oggetto più leggero con la stessa velocità. Si tratta di una grandezza fondamentale nella descrizione del movimento delle particelle, e ci fornisce informazioni sul loro comportamento dinamico in relazione alla loro massa e velocità.

E bene precisare che spin, quantità di moto, massa, ecc., sono essenzialmente descrizioni matematiche delle proprietà quantistiche delle particelle subatomiche e non proprietà fisiche intrinseche delle particelle subatomiche in sé.

INTERPRETAZIONE ORTODOSSA DELLA MECCANICA QUANTISTICA

I concetti che di seguito andremo ora ad apprendere si basano essenzialmente sull’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica, che è la visione tradizionale della teoria.

1. Dualismo onda-particella

2. Equazione di Schrödinger

3. Funzione d’onda

4. Principio di sovrapposizione quantistica

5. Principio di indeterminazione di Heisenberg

6. Legge di Copenaghen

7. Paradosso EPR

8. Il gatto di Schrödinger

. . . 

Questi sono solo alcuni degli argomenti principali trattati nella meccanica quantistica ortodossa.

Vi sono poi altre interpretazioni, come quella a molti mondi, a variabili nascoste o l’interpretazione dell’universo olografico (che personalmente prediligo). Tutte queste teorie, adottano prospettive diverse e offrono spiegazioni alternative sulla natura particellare e sulla loro descrizione come onde o particelle.

DUALISMO ONDAPARTICELLA

La scoperta del comportamento ondulatorio delle particelle di materia, nota come dualità ondaparticella, fu inizialmente proposta dal francese Louis de Broglie (fisico, matematico e storico francese – premio Nobel per la fisica nel 1929), nella sua tesi di dottorato del 1924. De Broglie suggerì che le particelle di materia, come ad esempio gli elettroni, potessero essere descritte sia come particelle che come onde, estendendo così anche alla materia il dualismo onda-particella già introdotto da Einstein per la luce.

Tutte le particelle subatomiche (come ad esempio gli elettroni, i protoni, i fotoni e i neutroni) hanno una natura ondulatoria e corpuscolare. Tale duplice natura implica il fatto che la particella può manifestarsi sia come onda che come particella. Secondo la meccanica quantistica, la particella non è né esclusivamente ondaesclusivamente corpuscolo. La sua natura dipende dal contesto in cui viene osservata o misurata.

Quando la particella non viene osservata, si comporta come un’onda che si propaga nello spazio. In questo caso, la particella è rappresentata da una funzione d’onda (o funzione di distribuzione di probabilità) che descrive la probabilità di trovarla in uno specifico stato. Quando al contrario la particella viene osservata o misurata, la funzione d’onda collassa e la particella viene localizzata in uno specifico stato che corrisponde al valore misurato. In questo senso, la particella acquisisce una proprietà specifica solo al momento della misura. Prima della misura, la particella esiste in uno stato di sovrapposizione di tutti i possibili valori di quella proprietà.

La particella quantistica di fatto può essere presente ovunque all’interno dell’onda, ma con diverse probabilità. Se ad esempio si effettua una misura della posizione di una particella, la funzione d’onda collassa in uno stato definito dove la particella viene localizzata  in una specifica posizione nello spazio. In modo simile, quando si effettua una misura della quantità di moto o dello spin di una particella, la funzione d’onda collassa in uno stato definito dove la particella viene trovata con una specifica quantità di moto o con uno specifico valore di spin.

Lo stato della particella non è definito (in termini di proprietà specifica, come posizione, impulso, spin, energia, velocità e altre grandezze o proprietà che caratterizzano la particella quantistica), finché non viene effettuata una misura su tale proprietà specifica.

La teoria di De Broglie venne poi confermata sperimentalmente (esperimento della doppia fenditura).

WAVE-PARTICLE DUALITY

Video animazione dell’esperimento che dimostra come un oggetto quantistico (per esempio un elettrone o un fotone), è allo stesso tempo onda e particella

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Nell’immagine sottostante gli impatti delle particelle rendono visibile il modello di interferenza delle onde (come nell’esperimento di Young, per esempio)

Thierry Dugnolle, CC0, via Wikimedia Commons

INTERPRETAZIONE ONDACORPUSCOLO – VITTORIO MARCHI

Meravigliosa Intervista di Giovanni Pelosini al Prof. Vittorio Marchi (fisico e ricercatore) tratto dall’articolo Fisica Quantistica e Spiritualità, ove il professore integra concetti scientifici e filosofici combinano scienza e spiritualità in modo unico. La fusione di diverse prospettive può portare a nuove intuizioni e stimolare la nostra comprensione del mondo.

Che cosa è il tempo? Esiste veramente o è una illusione mentale?

Con l’osservazione l’onda diventa corpuscolo. L’energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell’energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l’altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre. Tutto è, anche se ciò sembra un ossimoro (paradosso): “movimento è quiete” come diceva lo stesso Gesù (primo fisico quantistico ante litteram).

FUNZIONE D’ONDA

La funzione d’onda (onda di probabilità), è un concetto fondamentale della meccanica quantistica introdotto dal fisico Erwin Schrödinger nel 1926. Essa rappresenta la descrizione matematica dello stato quantistico di una particella (o di un sistema di particelle) contenente informazioni sulla distribuzione di probabilità delle diverse grandezze fisiche, come la posizione, l’energia o il momento e la sua evoluzione è descritta dall’equazione di Schrödinger.

La funzione d’onda rappresenta quindi il comportamento ondulatorio della particella e la probabilità, per esempio, di trovarla in una determinata posizione e con una determinata quantità di moto nello spazio.

NOTA. La posizione esatta di una particella non può essere determinata con precisione, in quanto la natura probabilistica della meccanica quantistica, implica che non è sostanzialmente possibile conoscere simultaneamente tutte le proprietà delle particelle con precisione infinita.

L’ESPERIMENTO DELLA DOPPIA FENDITURA è senza dubbio uno dei casi più noti in cui è possibile osservare il fenomeno del collasso della funzione d’onda.

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L’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER

La famosa equazione di Schrödinger, formulata nel 1925 dallo stesso Erwin Schrödinger (fisico austriaco, premio Nobel per la fisica – 1933) e pubblicata nel 1926, descrive l’evoluzione temporale delle funzioni d’onda degli oggetti quantistici.

La funzione d’onda è quindi un modo per descrivere questa natura duale delle particelle, mentre l’equazione di Schrödinger consente di calcolare (attraverso una formula matematica) come questa funzione d’onda evolve nel tempo, ovvero la probabilità di trovare una particella in una determinata posizione nello spazio e in un determinato momento nel tempo.

Quando viene effettuata una misura, la funzione d’onda che descrive la posizione probabilistica della particella, collassa, e la particella si materializza in un punto specifico nello spazio con una posizione definita. In questo modo, la particella perde la sua natura ondulatoria.

In parole semplici, la particella non ha una posizione esatta fino a quando non viene osservata, ma è distribuita probabilisticamente in tutto lo spazio.

La questione di chi o cosa debba effettuare l’osservazione per far collassare la funzione d’onda è ancora dibattuta tra i fisici quantistici.

In breve, il concetto è il seguente: quando si osserva un sistema quantistico, la sua funzione d’onda collassa in una posizione definita (e questo accade solamente dopo l’osservazione), mentre prima si trovava in una sovrapposizione di possibili posizioni.

Alcuni sostengono che l’osservazione debba essere effettuata da un osservatore cosciente, il quale ha un ruolo fondamentale nel collasso della funzione d’onda, mentre altri sostengono che l’osservazione possa essere effettuata anche da un sistema non cosciente, come strumenti di misura.

In ogni caso, la teoria quantistica ci mostra che la realtà è molto diversa da come la percepiamo nella vita quotidiana e che la nostra capacità di osservare e misurare gli oggetti quantistici può influenzare la loro natura e comportamento.

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE QUANTISTICA

Questo principio afferma che un sistema quantistico può essere in uno stato di sovrapposizione di più stati possibili contemporaneamente, fino a quando non viene osservato.

In particolare, il principio di sovrapposizione quantistica si applica alla dualità ondaparticella. Questo significa che una particella quantistica può mostrare proprietà sia di una particella che di un’onda, a seconda di come viene osservata. Quando viene osservata, la particella collassa in uno stato definito, ma prima dell’osservazione è in uno stato di sovrapposizione, in cui esiste in tutti gli stati possibili contemporaneamente.

La dualità ondaparticella si basa sul principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma che alcune coppie di grandezze fisiche, come la posizione e il momento, non possono essere misurate simultaneamente con precisione arbitraria. Ciò significa che non possiamo conoscere contemporaneamente la posizione esatta e la velocità di una particella.

Quando una particella quantistica è descritta come un’onda, presenta proprietà spaziali estese (si intende che la distribuzione di probabilità associata alla particella si estende su un’area o un intervallo di spazio più ampio rispetto a una particella localizzata) e fenomeni di interferenza e diffrazione. Quando è descritta come una particella localizzata, ha una posizione ben definita e segue una traiettoria specifica. Le differenze tra le descrizioni ondulatorie e particellari riflettono le diverse manifestazioni del comportamento quantistico delle particelle.

NOTA. Quando si parla di proprietà spaziali estese di un’onda quantistica, ci si riferisce al fatto che la probabilità di trovare la particella in diverse posizioni nello spazio è distribuita su un’area più ampia anziché essere concentrata in un punto specifico. In termini più semplici, immagina di avere un’onda che si propaga nell’acqua. L’onda ha una forma che si estende su un’area più ampia, con creste e depressioni che si propagano nello spazio. Allo stesso modo, quando una particella quantistica è descritta come un’onda, la sua funzione d’onda si estende nello spazio e può avere una distribuzione di probabilità che copre un’area più ampia.

Alcuni fisici teorici si sono chiesti se ci potesse essere una spiegazione più completa e profonda dietro il principio di sovrapposizione. La teoria delle variabili nascoste è una di queste alternative. Questa teoria propone l’esistenza di variabili non osservate o “nascoste” che determinano lo stato di una particella anche prima che venga misurata. In altre parole, sostiene che ci potrebbe essere una realtà sottostante alla meccanica quantistica che non è completamente catturata dalle equazioni e dai modelli attuali.

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG

Quando si studia il comportamento di un oggetto di dimensioni macroscopiche, l’atto di osservarlo di per sé non ha un impatto significativo,  non influisce sull’esito dell’esperimento.  Al contrario, quando si osserva il comportamento di un oggetto di dimensioni microscopiche, come ad esempio una particella subatomica, l’atto stesso di osservazione può influenzare il modo in cui si comporta l’oggetto e, di conseguenza, può anche modificare il risultato dell’esperimento. In altre parole, la semplice presenza di un osservatore può avere un impatto sul comportamento delle particelle microscopiche, per quanto riguarda invece le dimensioni macroscopiche questo effetto è trascurabile.

Werner Karl Heisenberg (fisico tedesco, premio Nobel per la fisica nel 1932), annunciò nel 1927 il principio di indeterminazione, il quale stabilisce un limite fondamentale alla precisione con cui le proprietà fisiche di una particella subatomica possono essere misurate. In particolare, il principio afferma che non è possibile misurare simultaneamente con precisione arbitraria coppie di grandezze fisiche coniugate (come per esempio la posizione e la quantità di moto oppure posizione e impulso) di una particella, ma solo con una certa incertezza. Poiché maggiore è la precisione con cui si misura la posizione di una particella, minore sarà la precisione con cui si potrà misurare la sua quantità di moto, e viceversa. Questo è dovuto al fatto che la misura della posizione di una particella altera il suo stato quantistico. In altre parole, l’atto di misurare una proprietà particellare influisce sul suo stato e quindi sulle proprietà che possono essere misurate successivamente.

Per poter determinare la posizione di una particella con elevata precisione, è necessario illuminarla con una luce di lunghezza d’onda molto corta e quindi altamente energetica. Tuttavia, questo processo di illuminazione perturba il movimento della particella stessa (quando i fotoni colpiscono l’oggetto, la loro energia e il loro momento vengono trasmessi alla particella). Al contrario, se si cerca di misurare la velocità con elevata precisione, diventa problematico determinare con esattezza la sua posizione.

Questo è ciò che solitamente si apprende dai libri e vari articoli divulgativi. È importante sottolineare che anche se riuscissimo a “vedere” la particella senza interagire con essa, la situazione non cambierebbe significativamente. L’impossibilità di misurare entrambe le grandezze fisiche (posizione e impulso ad esempio) deriva dalla natura quantistica delle particelle. Poiché esse possono essere descritte come onde di probabilità, diventa impossibile conoscere con precisione la posizione reale della particella.  Questa situazione rappresenta una caratteristica intrinseca del mondo quantistico.

Per spiegare questo principio in modo più tangibile, possiamo fare riferimento al Vaso di Rubin. Immagina di avere davanti a te un vaso e un disegno del suo profilo. Nel momento in cui ti concentri sul profilo del vaso, ti accorgi che non riesci a guardare contemporaneamente il vaso stesso. In altre parole, hai una conoscenza dettagliata della forma del profilo, ma hai perso la visione dell’oggetto nella sua completezza.

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG Tratto da Wikipedia

In molti testi divulgativi e talvolta anche universitari viene affermato che l’indeterminazione di Heisenberg fa riferimento a misure simultanee. Egli le cita nel sommario dell’articolo originale: «grandezze canonicamente coniugate possono essere determinate simultaneamente solo con una imprecisione caratteristica». Nel resto del suo lavoro non menziona misure o procedimenti simultanei, ma si limita a parlare di grandezze fisiche e delle incertezze con cui possono essere conosciute. Fu invece Bohr ad introdurre l’impossibilità di misure simultanee, che però andrebbe riferita alla complementarità e non all’indeterminazione di Heisenberg.

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG SPIEGATO IN MODO SEMPLICE – Antonella Ravizza – Tratto da Scienza e Conoscenza

Prendiamo come esempio una pallina da biliardo e illuminiamola per poterla osservare. Il fascio di luce fornisce energia alla pallina, ma questa energia non è sufficiente ad imprimere una forza abbastanza apprezzabile alla pallina. Considerando ora una situazione analoga con un elettrone, illuminando l’elettrone con un fascio di luce il moto dell’elettrone risulta perturbato dai fotoni, perché la luce porta energia e impulso, e di conseguenza il nostro elettrone riceverebbe una piccola spinta che modificherebbe il suo stato di moto.

Perciò più si illumina con potenti microscopi, più gli si fornisce energia che fa cambiare la sua velocità rispetto a quella di partenza e di conseguenza la sua quantità di moto (prodotto della massa per la velocità).

Non è quindi possibile conoscere con precisione dove l’elettrone si trova, senza dargli una quantità di moto non determinabile: perciò è impossibile sapere con precisione e contemporaneamente dove l’elettrone è e che velocità possiede. In questo modo perde senso anche il concetto di traiettoria, perché si può parlare di traiettoria solo quando si può osservare il movimento di un corpo senza perturbare tale moto.

Il principio di indeterminazione evidenzia che non possiamo separare completamente l’oggetto quantistico (come un atomo) dallo strumento di misura. Nella meccanica quantistica, l’interazione tra l’oggetto e lo strumento di misura è un aspetto fondamentale della misurazione stessa. Pertanto, quando misuriamo un’entità quantistica, non possiamo considerare l’oggetto e lo strumento di misura come entità separate, ma come un sistema interconnesso in cui l’interazione tra di loro influisce sul risultato della misurazione.

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La meccanica quantistica in particolare ci dice che vi sono delle limitazioni a come noi possiamo interagire con la Natura e all’informazione che ne possiamo trarre. Bohr non era d’accordo con Heisenberg sul fatto che esista una limitazione ontologica nella Natura, ma resta il fatto che tutti sono d’accordo sul fatto che vi sono limitazioni all’informazione che possiamo trarre dagli esperimenti. E questa è una proprietà della Natura che limita l’interazione tra sistemi in generale – Simone Baroni.

INDETERMINISMO

Il concetto di indeterminismo, in ambito scientifico e filosofico, si riferisce all’idea che alcuni eventi o fenomeni non possono essere predetti in modo preciso o deterministico. In altre parole, l’indeterminismo sostiene che nonostante le conoscenze e le leggi che governano il mondo, ci sono limiti intrinseci alla nostra capacità di fare previsioni esatte.

Il senso profondo dell’indeterminismo risiede nell’ammissione che l’universo non è completamente prevedibile. Ciò significa che, anche se abbiamo una conoscenza accurata delle leggi fisiche e delle condizioni iniziali di un sistema, potremmo ancora non essere in grado di prevedere esattamente ciò che accadrà nel futuro.

L’indeterminismo non necessariamente limita il concetto di causaeffetto in modo assoluto, ma può introdurre delle limitazioni nelle nostre capacità di riconoscere e prevedere le cause ed effetti con certezza assoluta.

L’indeterminismo non impedisce completamente di predire il futuro, ma può rendere difficile o impossibile fare previsioni precise su alcuni eventi o fenomeni. Tuttavia, è importante sottolineare che molti fenomeni naturali possono comunque essere previsti e compresi in modo accurato attraverso l’uso di modelli scientifici e statistiche. L’indeterminismo introduce una limitazione nelle nostre capacità di conoscenza e predizione, ma non significa che tutto sia completamente imprevedibile o privo di regolarità.

LA LEGGE DI COPENAGHEN

La legge di Copenaghen (formulata da Niels Bohr e Werner Heisenberg attorno al 1927), afferma che lo stato di una particella subatomica non è di fatto definito fino a quando non viene osservato o misurato. Non vi è quindi una corrispondenza nella realtà fino a che non viene effettuata una misura, la quale costringe” la particella a scegliere uno stato specifico. Inoltre, ha introdotto il principio di sovrapposizione, secondo cui una particella quantistica può esistere contemporaneamente in più stati di energia.

Le proprietà fisiche di un sistema non esistono finché non le misuriamo. Esse non preesistono alla misura.

L’interpretazione di Copenaghen solleva diversi dubbi sulla natura della realtà. Poiché l’osservatore sembra avere un ruolo attivo nella creazione della stessa (tramite il processo di misurazione), sorge spontaneo supporre che ciò che viene percepito come realtà, potrebbe essere il risultato di una costruzione mentale.

Questo suggerisce che la realtà non esiste indipendentemente dall’osservatore, ma che è creata dall’osservazione stessa, in quanto emerge attraverso l’atto stesso dell’osservazione.

Osservatore ed osservato sono entrambi parte integrante del sistema e sono intrinsecamente legati, pertanto, non possono essere considerati separatamente, non possono scindere l’uno dall’altro. L’osservatore e l’osservato possono essere considerati come un’unica entità.

Tutto ciò implica che la realtà fisica è in qualche modo cocreata dall’osservatore e dall’oggetto osservato. In altre parole, il processo di osservazione non è una semplice registrazione passiva della realtà preesistente, in quanto la realtà viene creata attraverso l’interazione tra l’osservatore e l’oggetto osservato.

Niels Bohr: “se la meccanica quantistica non ti ha profondamente shockato, non l’hai ancora compresa.”

Niels Bohr: “tutto ciò che chiamiamo reale è fatto di cose che non possono essere considerate reali”.

La legge di Copenaghen è stata oggetto di numerose critiche e dibattiti all’interno della comunità scientifica e filosofica.

Molte furono le obiezioni mosse nei confronti dell’interpretazione di Copenaghen. Criticata duramente da fisici e filosofi, a sostengono di una realtà oggettiva indipendentemente dall’osservatore.

Einstein riteneva che una teoria fisica dovesse descrivere una realtà oggettiva e indipendente dalla presenza di un osservatore. Secondo lui gli oggetti di fatto hanno proprietà definite anche se non li osserviamo o se non interagiscono con altri oggetti. Di seguito la sua celebre frase.

Albert Einstein: «credi davvero che la luna non sia lì se non la guardi?»

Egli aveva difficoltà a concepire che la realtà potesse essere interpretata solo in termini di probabilità e non di eventi oggettivi. Di seguito la sua celebre frase e la risposta di Bohr.

Albert Einstein: “Dio non gioca a dadi”
Niels Bohr: “smettila di dire a Dio che cosa fare con i suoi dadi”

NOTA: Ricordiamo che Einstein, anche se inizialmente era scettico nei confronti della meccanica quantistica, diede importanti contributi a favore della stessa. Oltre ad essere padre fondatore e unico creatore della teoria della relatività, uno dei suoi primi e preziosi contributi alla MQ è stato lo studio dell’effetto fotoelettrico, per il quale ha ricevuto il premio Nobel nel 1921.

Tale effetto produce l’emissione di elettroni da un materiale (ad esempio un metallo) colpito da radiazione elettromagnetica di frequenza. Per l’esattezza, quando la luce colpisce la superficie di un materiale, la sua energia viene trasferita agli elettroni del materiale, che possono diventare abbastanza energetici da superare la forza di attrazione dei nuclei e uscire dal materiale stesso. La frequenza della luce deve superare una certa soglia (detta “frequenza di soglia” o “energia di ionizzazione”) affinché si verifichi l’effetto fotoelettrico, il quale, permette di convertire l’energia della luce in energia elettrica. Questa tecnologia è alla base dei pannelli solari, dove l’energia solare viene utilizzata per generare elettricità, rendendola una fonte di energia rinnovabile e pulita.

L’effetto fotoelettrico fu studiato per la prima volta da Heinrich Hertz nel 1887, ma fu Albert Einstein a fornire una spiegazione teorica del fenomeno nel 1905, basandosi sulla teoria dei quanti di energia.

IL PARADOSSO EPR

Nasce in questo contesto (correva l’anno 1935 ) il paradosso EPR, esperimento mentale formulato dalla riflessione di Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen sulla natura della teoria quantistica e sulle implicazioni dell’entanglement quantistico.

Le motivazioni principali sono:

  • esistenza delle proprietà degli oggetti anche quando non si osservano o interagiscono con altri oggetti
  • nonlocalità

Per Einstein la meccanica quantistica era di fatto una teoria incompleta. . . doveva esserci qualche informazione mancante.

L’esperimento coinvolge la misurazione di due particelle subatomiche in uno stato di entanglement, ovvero strettamente correlate anche a grandi distanze. Quando una particella viene misurata, l’altra particella cambia istantaneamente il suo stato, anche se è molto lontana dalla prima particella. Einstein sosteneva che il principio di località (secondo il quale gli effetti fisici non possono propagarsi oltre la velocità della luce) era una delle basi fondamentali della fisica e non poteva essere violato. Questo principio è una conseguenza diretta della teoria della relatività di Einstein, secondo cui niente può viaggiare più velocemente della luce, poiché ciò avrebbe conseguenze paradossali, come la possibilità di trasmettere informazioni nel passato. Einstein, Podolsky e Rosen hanno perciò proposto una serie di argomenti secondo cui il concetto di entanglement quantistico sembrerebbe proprio violare il principio di località.

Tuttavia, l’esperimento (dapprima formulato come idea teorica e successivamente confermato sperimentalmente), dimostrò oltre ogni ragionevole dubbio, l’esistenza della “non località” delle particelle subatomiche, ovvero la capacità di interagire istantaneamente a distanze anche molto grandi, senza bisogno di un meccanismo di trasmissione di informazioni a velocità superluminale (Entanglement quantistico).

L’entanglement non viola quindi il limite della velocità della luce.

Quantunque, sebbene Einstein abbia difeso il principio di località, la sua critica ha contribuito a sviluppare ulteriormente la teoria, portando a scoperte importanti nella fisica quantistica.

Il termine “entanglement” fu introdotto da Erwin Schrödinger in una recensione dell’articolo di Einstein, Podolsky e Rosen sul Paradosso EPR, il quale rivelò a livello teorico il fenomeno dell’entanglement quantistico. Quindi, il termine “entanglement” è stato coniato da Schrödinger sulla base della scoperta di tale fenomeno descritto nel Paradosso EPR.

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NON-LOCALITA’ ENTANGLEMENT

Nonlocalità ed Entanglement sono due concetti correlati in meccanica quantistica.

L’entanglement quantistico si verifica quando due o più particelle subatomiche diventano interdipendenti e fortemente correlate. Anche se queste particelle sono di fatto separate da grandi distanze, qualsiasi azione effettuata su una influirà immediatamente sullo stato dell’altra. Questo fenomeno sembra violare il principio di località, il quale afferma che nulla può viaggiare più velocemente della luce e che le particelle separate da grandi distanze non possono influenzarsi a vicenda.

La nonlocalità, d’altro canto, si riferisce essenzialmente alla capacità di particelle entangled di influenzarsi a vicenda istantaneamente, indipendentemente dalla distanza che le separa. L’entanglement quantistico e la nonlocalità sono concetti strettamente correlati perché il primo sembra essere la causa della seconda.

In linea generale si può affermare che l’entanglement quantistico si verifica quando le particelle subatomiche interagiscono in modo tale che le loro funzioni d’onda si combinano, creando un’unica funzione d’onda che descrive lo stato quantistico del sistema di particelle.

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

Il paradosso del Gatto di Schrödinger è un esperimento mentale proposto dallo stesso fisico austriaco Erwin Schrödinger nel 1935. Il suo scopo era quello di mettere in evidenza alcune delle implicazioni bizzarre e controintuitive della teoria quantistica su scala macroscopica.

Come abbiamo visto la legge di Copenaghen è una delle interpretazioni della meccanica quantistica che afferma che una particella quantistica può esistere in uno stato di sovrapposizione di più stati, fino a quando non viene misurata. Solo in quel momento, la particella “sceglie” uno stato e l’atto di misura influisce sul risultato finale.

Nel paradosso, un gatto è posto all’interno di una scatola chiusa con una fonte di radiazioni e un meccanismo che, se attivato, lo ucciderebbe. Secondo la legge di Copenaghen, finché la scatola non viene aperta e osservata, il gatto si trova in uno stato di sovrapposizione (o in una sovrapposizione di stati macroscopiche) tra essere vivo e morto contemporaneamente.  Ciò significa che il gatto è sia vivo che morto, e solo l’atto di aprire la scatola per osservarlo determinerà il suo stato finale.

La meccanica quantistica prevede che l’atto di misura possa forzare la riduzione di uno stato quantistico da una sovrapposizione di possibili stati a uno stato definito. Nel caso del gatto di Schrödinger, l’apertura della scatola rappresenta l’atto di misura che forza la riduzione dello stato quantistico del gatto da una sovrapposizione di stati a uno stato definito, ovvero vivo o morto. La probabilità di trovare il gatto vivo o morto dipende dalla probabilità dell’evento quantistico che lo ha determinato, ma una volta che si osserva lo stato del gatto, esso sarà in uno stato definito e non più in sovrapposizione. Tuttavia, il paradosso si riferisce al fatto che fino a quel momento, la funzione d’onda del gatto è in una sovrapposizione di stati, il che sembra essere contraddittorio con la nostra esperienza quotidiana del mondo macroscopico, dove oggetti come il gatto sono o vivi o morti, ma non in una sovrapposizione di entrambi gli stati.

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IL GATTO DI SCHRODINGER La Fisica Che Ci Piace
l’esperimento mentale più famoso al mondo

DAVID BOHMINTERPRETAZIONE DELLA MECCANICA QUANTISTICA

Riassumendo brevemente quanto detto in precedenza. L’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica è comunemente nota come l’interpretazione di Copenhagen, sviluppata principalmente da Niels Bohr e Werner Heisenberg negli anni ‘20 e ‘30. Questa interpretazione si basa sull’idea che gli stati quantistici sono descritti da funzioni d’onda che evolvono secondo l’equazione di Schrödinger e che le misure causano una “collasso della funzione d’onda“, selezionando uno degli stati possibili.

l’interpretazione di David Bohm della meccanica quantistica non è considerata ortodossa, ciononostante ha generato un interesse significativo nel mondo della scienza, ed ha un vastissimo seguito di sostenitori tra scienziati, filosofi e studiosi. Sono ormai in tanti a sostenere che tale teoria offra una spiegazione intuitiva e completa dei fenomeni quantistici.

David Bohm “Il mondo si presenta come un insieme di oggetti separati che interagiscono tra loro, ma in realtà non c’è separazione, solo relazioni in continuo movimento. La realtà non è fissa, ma è un flusso dinamico di energia e informazione che si manifesta attraverso una rete intricata di relazioni”.

La totalità dell’universo è presente in ogni sua parte. Non c’è divisione reale tra interno ed esterno, ma solo una profonda interconnessione.

David Bohm è stato un eminente scienziato e brillante filosofo del XX secolo, ammirato per la sua straordinaria originalità e profondità di pensiero. Bohm è noto per aver contribuito in modo determinante al campo della fisica, offrendo nuove prospettive e interpretazioni che hanno stimolato importanti sviluppi nella disciplina. La sua mente lungimirante gli permetteva di andare oltre i confini convenzionali, egli non si limitava a una visione ristretta o settoriale, ma cercava di comprendere i fenomeni in un contesto più ampio, cercando connessioni e relazioni tra le diverse discipline. Questo approccio multidisciplinare e integrativo gli ha permesso di sviluppare nuove teorie e di offrire una visione olistica delle questioni scientifiche e filosofiche.

Una delle sue principali scoperte è stata il concetto di “potenziale quantico“, un parametro invisibile della fisica che ha una stretta relazione con la coscienza e guida l’intera esistenza, dalle particelle elementari agli organismi complessi. Questa scoperta ha portato Bohm a sviluppare una nuova versione della meccanica quantistica, che offriva un ordine e uno scopo in un contesto che sembrava caratterizzato solo da caos, casualità o, al massimo, probabilità, secondo la teoria fisica classica. Egli ha formulato una teoria più ampia chiamata “ordine implicato“, in cui ogni cosa materialmente esistente ha un corrispondente esistente spiritualmente (ovvero ogni cosa che esiste materialmente ha un corrispettivo o un fondamento in una dimensione più sottile o spirituale). Il suo universo si estende dalla fisica delle particelle subatomiche a una nuova cosmologia in cui mente e materia coesistono in armonia.

La sua interpretazione della fisica quantistica (da lui stesso sviluppata negli anni ’50 e ’60), nota come onda pilotainterpretazione causale, meccanica bohmiana, o teoria delle variabili nascoste, si basa sull’idea che le particelle quantistiche possiedono proprietà definite anche quando non vengono osservate, quindi in contrasto con la teoria di Copenaghen, la quale come già sappiamo sostiene che tali particelle, al contrario, non hanno proprietà definite fino a quando non vengono misurate.

La teoria di Bohm riprende in parte l’idea dell’onda pilota presentata da Louis de Broglie nel 1927 durante la quinta Conferenza Solvay. De Broglie propose che le particelle subatomiche fossero guidate da un’onda pilota che avrebbe determinato il loro comportamento probabilistico (quindi una particella associata a un’onda che ne guida il moto). Questa idea era stata successivamente abbandonata dallo stesso de Broglie e dalla maggior parte dei fisici, fino a quando Bohm non l’ha ripresa e sviluppata ulteriormente.

L’interpretazione causale di Bohm-de Broglie si basa sull’idea che la realtà subatomica sia composta da oggetti reali, come le particelle e il campo che le circonda, anche quando non sono osservati o misurati. ***Inoltre, i movimenti delle particelle sono determinati dal campo che le circonda, il che significa che non sono casuali ma causali*** Questo elimina la necessità di ipotizzare un collasso della funzione d’onda, poiché la realtà oggettiva è sempre presente e non è influenzata dalle misure o dalle osservazioni degli sperimentatori. L’interpretazione di Bohm-de Broglie rappresenta quindi un’alternativa all’interpretazione di Copenaghen, poiché introduce il concetto di una realtà sub-atomica oggettiva e causale, che esiste indipendentemente dall’osservazione umana.

***In fisica, l’aggettivo “causale” si riferisce all’idea che gli eventi sono causati da altri eventi che li precedono e che, quindi, ci sia una relazione causaeffetto tra di essi.

Bohm introduce il concetto di potenziale quantico (Q) come una forza nonlocale che agisce sulla particella.

Egli sviluppò quindi un’interpretazione filosofica che descrive l’universo come sistema unitario e interconnesso. Secondo il fisico, l’onda pilota che guida il movimento delle particelle quantistiche è una manifestazione di una realtà fisica più profonda (che chiama “implicate order“). Un’ordine interconnesso e non locale presente ovunque, che collega ogni parte dell’universo.

L’universo potrebbe quindi essere considerato come olografico, all’interno del quale ogni singola particella contiene informazioni sull’intero sistema.

Per Bohm “implicate order” è l’essenza fondamentale dell’universo, ed il nostro mondo fisico (che vediamo e sperimentiamo) è solo una manifestazione di tale ordine a una scala più grande.

L’universo non è composto solo da ciò che possiamo osservare nella realtà esplicita (o “esplicate order”), ma esiste anche una realtà nascosta (o “implicate order“) che è all’origine della realtà esplicita.

L’esplicate order è la realtà che percepiamo attraverso i nostri sensi, mentre l’implicate order è la realtà nascosta che non possiamo vedere direttamente, ma che è presente in ogni particella dell’universo.

Questa visione dell’universo è stata associata alla filosofia dell’uno (unico) e alla spiritualità, e ha suscitato grande coinvolgimento tra i filosofi e i ricercatori interessati all’interconnessione e all’unità dell’universo.

Per Bohm quindi, l’entanglement quantistico implica l’esistenza di una connessione nonlocale tra le particelle quantistiche che si estende al di là dello spazio e del tempo. Secondo la sua teoria dell’onda pilota, l’entanglement quantistico si verifica perché le particelle sono interconnesse attraverso l’onda stessa che le guida, e quest’onda può influenzare istantaneamente tutte le particelle coinvolte nell’entanglement, indipendentemente dalla loro distanza.

L‘entanglement quantistico è quindi una manifestazione dell’interconnessione fondamentale tra tutte le particelle dell’universo, e tale interconnessione avviene attraverso l’onda pilota che guida il loro movimento. In questo senso tale onda può essere vista come una sorta di ponte tra le particelle quantistiche, che permette loro di comunicare e interagire istantaneamente, senza la necessità di una qualche forma di trasmissione di informazione.

David Bohm (Wholeness and the Implicate Order, 1980): “Se l’uomo pensa alla totalità come costituita di frammenti indipendenti, allora ecco che anche la sua mente tenderà a operare alla stessa maniera; ma se l’uomo riesce a includere tutto coerentemente e armoniosamente in una totalità indivisa, senza confini, allora la sua mente tenderà a funzionare in modo unitario e a questo seguirà un’azione ordinata all’interno del tutto.”

La tesi in questione sostiene che non sono le particelle elementari (come elettroni, protoni e fotoni) ad essere gli elementi (o mattoni) fondamentali della natura. Al contrario, la realtà fondamentale è unica e indivisibile e governa il comportamento delle particelle.

L’universo è composto da un’interconnessione fondamentale tra tutte le parti dello stesso, piuttosto che da parti distinte e separate.

Secondo la visione di Bohm, noi come esseri umani siamo parte di questo insieme interconnesso e non esistiamo in modo isolato e separato dal resto dell’universo. Ciò significa che tutto ciò che facciamo e pensiamo ha un impatto su ciò che ci circonda e viceversa. Come esseri umani siamo limitati dalle nostre esperienze, percezioni e dal nostro punto di vista, e non possiamo di fatto vedere l’universo nella sua totalità, in quanto ciò che vediamo è solo una piccola parte di esso. Tuttavia, secondo Bohm, possiamo avvicinarci a una comprensione più profonda dell’universo e della nostra relazione con esso, se ci rendiamo conto di essere parte di una totalità indivisibile.

Sia Einstein che Bohm non erano d’accordo con l’interpretazione standard della meccanica quantistica proposta da Bohr e dai suoi seguaci. Non accettavano l’affermazione che la teoria quantistica fosse completa, nel senso che non vi fosse alcuna realtà più profonda del mondo subatomico e che nessuna spiegazione più chiara potesse essere trovata. Per Bohm e Einstein (che credono ad una realtà sottostante più profonda) la natura potrebbe essere infinita e nessuna teoria potrebbe mai spiegarla completamente.

TEORIA QUANTISTICA DEI CAMPI – QUANTUM FIELDS

La teoria quantistica dei campi – (Quantum field theory – QFT) o anche definita come la teoria quantistica delle particelle interagenti, è l’unificazione della teoria classica dei campidella meccanica quantistica e della relatività ristretta). Essa descrive il comportamento delle cellule elementari e le loro interazioni attraverso i campi quantistici.

Secondo la teoria quantistica dei campi, l’universo è composto da campi quantistici che esistono in ogni punto dello spaziotempo (una sorta di sostanza o “sorgente invisibile che permea tutto lo spazio). Le particelle subatomiche che osserviamo nell’universo sono considerate come eccitazioni del campo ad esse associato (o sottostante), o stati eccitati di un punto del campo. Il modo in cui queste particelle interagiscono tra loro e con l’ambiente dipende dalle proprietà dei campi stessi che le generano. Quindi, l’essenza fondamentale dell’universo non è costituita da particelle separate e distinte, ma piuttosto da un insieme di campi quantistici interagenti, che si estendono in ogni punto dello spaziotempo e che, attraverso le loro fluttuazioni o perturbazioni creano le particelle che osserviamo. Il campo quantistico esiste indipendentemente dalle particelle subatomiche, ma le particelle subatomiche possono interagire con il campo e influenzare la sua dinamica.

Ogni particella subatomica ha il suo corrispondente campo quantistico, ovvero il campo che le permette di interagire con l’ambiente e di propagarsi nello spaziotempo. Ad esempio, l’elettrone è associato al campo dell’elettrone (in quanto eccitazione di tale campo), il fotone è associato al campo elettromagnetico (poiché eccitazione di tale campo), il bosone di Higgs è associato al campo di Higgs, mentre  i quark nascono (o si manifestano) dal campo dei quark e così via.

I campi quantistici nella TQC descrivono le proprietà fondamentali (o stato quantistico) delle particelle elementari, mentre le interazioni descrivono come le particelle interagiscono tra loro attraverso lo scambio di particelle mediatrici (si tratta di particelle virtuali che non esistono in quanto reali, ma che mediano l’interazione tra le particelle elementari).

Nell’interazione elettromagnetica tra due particelle cariche, gli elettroni emettono e assorbono fotoni (bosoni mediatori della forza elettromagnetica) per interagire l’uno con l’altro.

Le interazioni tra particelle, mediate dalle particelle di gauge (chiamate anche bosoni di gauge o vettori di gauge), danno origine a varie proprietà e fenomeni fisici che osserviamo in natura.

Ad esempio, l’interazione elettromagnetica tra particelle cariche come gli elettroni è responsabile di molti fenomeni, tra cui la luce, il calore, la chimica e l’elettricità. Senza l’interazione elettromagnetica, non ci sarebbero né luce né segnali elettrici che utilizziamo per le comunicazioni moderne.

Il campo e il quanto sono concetti di per sé interconnessi nella fisica quantistica, dove il campo è la descrizione matematica di una qualità fisica, e il quanto è la sua manifestazione concreta.

Oppure, si potrebbe dire che i campi quantistici rappresentano una sorta di “tessuto” fondamentale dell’universo, su cui si basano tutte le interazioni a livello subatomico, mentre le particelle sono la manifestazione fisica delle fluttuazioni di tali campi, proprio come le onde sono la manifestazione fisica delle fluttuazioni del mare.

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MODELLO STANDARD – CLASSIFICAZIONE PARTICELLE ELEMENTARI TRATTO DA WIKIPEDIA

Il MS è la teoria fisica che descrive tre delle quattro interazioni fondamentali note:

  1. Interazione nucleare forte;
  2. Interazione elettromagnetica;
  3. Interazione nucleare debole;

(le ultime due unificate nell’interazione elettrodebole) e tutte le particelle elementari ad esse collegate.

I bosoni risultano essere le particelle mediatrici delle interazioni fondamentali.

Bosoni vettori:

  1. Fotone che media interazione elettromagnetica;
  2. Bosoni W e Z che mediano la forza nucleare debole;
  3. Gluone in otto tipi diversi, che media la forza nucleare forte.

Bosoni scalari:

  1. Bosone di Higgs, che induce la rottura spontanea della simmetria dei gruppi di gauge ed è responsabile della massa inerziale delle particelle elementari.

gravitoni, bosoni ipotetici che si pensa medino l’interazione gravitazionale in una possibile formulazione quantistica, non sono considerati nel modello standard.

Secondo la teoria quantistica dei campi, le particelle che costituiscono la materia interagiscono attraverso lo scambio di uno o più bosoni di gauge (o bosoni vettoriali), che mediano l’interazione tra particelle cariche, ovvero particelle elementari mediatrici di forza che costituiscono i quanti del rispettivo campo. L’interazione fra due elettroni avviene ad esempio attraverso l’emissione e l’assorbimento di fotoni.

Le particelle elementari che compongono l’intero universo si possono distinguere in particellemateria, di tipo fermionico (quarkelettroni neutrini, dotati tutti di massa) e particelleforza, di tipo bosonico, portatrici delle forze fondamentali esistenti in natura (fotoni e gluoni, privi di massa, e i bosoni W e Z, dotati di massa).

Gli scienziati cercano costantemente di trovare un’unica teoria che possa unificare le quattro forze. Questo obiettivo è noto come la “teoria del tutto“.

GRAFICO – MODELLO STANDARD DELLE PARTICELLE ELEMENTARI

MS_delle_Particelle_Elementari

TRATTO DAL LIBRO: “ZENIX” – RICCARDO TRISTANO TUIS 

. . .Il lego elettromagnetico olografico costituisce qualsiasi unità olografica, dai quark all’universo: più l’oggetto è grande e più esso è rivestito di assemblati spazialmente dilatati, ma se incominciassimo a spogliarlo scopriremo che è composto da “bambole cinesi” sempre più piccole che portano alla struttura base dei quark e stringhe, entità quantistiche molto sensibili all’effetto osservatore. Di fatto l’universo olografico che corrisponde alla nostra realtà condivisa (la comunità di osservatori umani) è costituito di singoli eventi e i singoli eventi sono prodotti da interazioni tra oggetti e osservatori. Tra gli osservatori ci siamo anche noi esseri umani che siamo formati da cellule e le cellule sono costituite da molecole, queste a loro volta sono formate da elementi e questi ultimi sono costituiti da atomi. Gli atomi non sono l’ultimo anello della catena dell’infinitamente piccolo poiché a loro volta sono formati da particelle subatomiche e queste a loro volta sono costituite da quark e i quark sono il prodotto di una vibrazione chiamata stringa dagli scienziati.

Se un semplice atto d’osservazione modifica la distribuzione di fotoni, elettroni, atomi, ecc. una potente visualizzazione supportata da un’energia e consapevolezza adeguata che cosa può fare? Noi possiamo modificare le nostre cellule cerebrali, possiamo guarire il nostro corpo, siamo in grado di far collassare le probabilità di un singolo evento specifico fino a modellare la realtà condivisa senza infrangere nessuna legge fisica se non le nostre vecchie credenze di che cosa fosse la realtà.

INTERPRETAZIONE FORZA DEBOLE – VITTORIO MARCHI

Affascinante interpretazione della forza nucleare debole formulata da Vittorio Marchi (fisico e ricercatore) – Tratto dall’articolo Tutti X 1,1 X Tutti – Scienza e Conoscenza

La corretta interpretazione della forza nucleare debole è la seguente: è l’unica forza (ignota alla fisica ufficiale, impegnata ancora nella ricerca di unificazione di tutte le forze) di cui tutte le altre sono manifestazioni. Muove il cuore delle stelle e commuove quello dell’uomo. E’ impropriamente chiamata debole perché sfugge all’analisi degli strumenti scientifici, mentre è rivelatrice per il sistema neurocerebrale umano. Fa parte del sistema della forza ED (elettrodebole) e ne rappresenta uno dei 2 lati. Presenta le seguenti caratteristiche: 

  • Trasmette emozione (emo = sangue + azione);
  • Unisce il visibile all’invisibile;
  • Provoca l’alchimia (trasmutazione delle sostanze);
  • Dirige e governa l’evoluzione cosmica;
  • Trasforma la materia nucleare;
  • Dirige e controlla la fusione nucleare di tutte le stelle dell’Universo.

Si dice che la forza debole (in realtà campo debole)  sia stata scoperta negli anni 70. Ma in realtà si conosceva già negli anni 50 per merito di Enrico Fermi, chiamato per questo il Signore delle stelle da John WhilerPer la verità il primo ad avere l’ intuizione della sua esistenza fu Ettore Majorana. Non si può vedere. (Materia esotica od oscura 25%, Energia oscura 70% , Materia ordinaria oscura 4,5%). La forza debole non si vede, ma si può solo percepire, perché è mascherata dalla luce elettromagnetica che, come un velo formato dalla Magnetosfera, la avvolge nel suo stato di luce ordinaria (0,005%), impressionata dalla retina dell’occhio umano. Si distingue dalla luce elettromagnetica, perché quest’ultima ha le seguenti caratteristiche: 

  • Mostra solo il visibile dell’osservabile;
  • Crea l’orizzonte illusorio degli eventi;
  • Crea lo spaziotempo;
  • Crea una realtà di immagini (per interferenza di onde vibratorie) che è illusoria.

Il lato debole di questa forza è quello che sta trasformando il “cuoreed il cervello dell’essere umano, vera e propria antenna cosmica. E’ stata volutamente trascurata e fintamente snobbata (basta vedere la manipolazione paradossale del nome che ne è stata fatta) perché essa è connessa alla scoperta della free energy, un evento fortemente destabilizzante  per i signori dell’energia. Nessuna incomprensione.

Diagramma di Feynman che rappresenta il decadimento beta negativo: un neutrone “udd” si trasforma in un protone “uud” attraverso l’emissione di un bosone W, che a sua volta si scinde in un elettrone e in un antineutrino elettronico.

INTERPRETAZIONE FORZA ELETTRODEBOLE – GIULIANA CONFORTO
La forza che sta per cambiare il mondo. Tratto da un’intervista a cura di Floriana Balli.

Le Scienze dello Spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai  fotoni, messaggeri privi di massa e non l’unica esistente. Cè unaltra Luce. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, comuovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata Elettrodebole. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al CERN a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di Luce la Forza, è sempre esistita in Natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente. La Forza ha le stesse note attribuite a “Dio”, con una sorpresa in più: il corpo umano è in comunione naturale con il flusso dei bosoni neutri Z che possiamo chiamare “il lato luminoso”. È invisibile con gli occhi, ma sensibile come emozioni, sensazioni o intuizioni. Per me coincide con il fiume della vita già cantato da Eraclito 2500 anni fa, testimoniato da tanti saggi, poeti e civiltà considerate “primitive”.

È l’unica Forza che anima e unisce infiniti mondi intelligenti scriveva Giordano Bruno.

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INTRODUZIONE ALLA MQ Dipartimento di Matematica e Fisica – Roma TRE
Lezioni di introduzione alla MQ (riassumono i concetti finora trattati) – Prof. V. Lubicz

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INTRODUZIONE ALLA MQ Pepite di Scienza
Lezioni di introduzione alla MQ – Prof. Simone Baroni

Siete liberi di condividere, copiare e ridistribuire il materiale purché ne citiate la fonte, grazie.

A cura di Serena Giannini

MECCANICA QUANTISTICA – CONCETTI FONDAMENTALI

La meccanica quantistica (definita anche teoria dei quanti o fisica quantistica), è la teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni a livello subatomico (ovvero a scala piccolissima), ove le precedenti teorie classiche risultano inadeguate, fornendo così una descrizione dettagliata del mondo microscopico. Essa è caratterizzata dalla quantizzazione, che implica, in modo specifico, una limitazione delle grandezze osservabili a valori discreti, anziché continui. Le proprietà fisiche possono quindi assumere solo valori specifici e non valori continui. Il termine “quantizzare” si riferisce al processo di convertire una grandezza fisica continua in una serie di valori discreti.

La MQ utilizza una descrizione probabilistica del mondo microscopico, in cui le proprietà fisiche (come per esempio la posizione e la velocità delle particelle subatomiche) non possono essere misurate con precisione assoluta contemporaneamente, ma solo con una certa probabilità.

La meccanica quantistica è stata sviluppata da un gruppo di scienziati nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Tra questi scienziati si possono annoverare:

In particolare, il fisico tedesco Max Planck (1858-1947) fu il primo a introdurre il concetto di “quanto” nel 1900

Friedrich Hund, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Il nostro corpo può essere concepito come un campo vibratorioenergetico formato da miliardi di particelle che scambiano continuamente informazioni con l’ambiente.

La meccanica quantistica sostiene che tutte le particelle subatomiche (compresi gli atomi) che compongono il nostro corpo e l’intero l’universo, sono fondamentalmente costituite da vibrazioni di energia (o campi quantistici). Le particelle sono considerate come vibrazioni o fluttuazioni di tali campi, che permeano sia il nostro corpo che lo spazio cosmico. Quando un campo quantistico è eccitato in un certo modo, si manifesta come (in qualità di) particella con le proprietà corrispondenti.

Ciò implica che l’intero universo sia costituito da una rete di interconnessioni di energia e informazione, e che ogni cosa, inclusi gli esseri umani, sia in realtà un insieme di vibrazioni e frequenze. Inoltre, la fisica quantistica ci ha portato a comprendere che la realtà è influenzata dall’osservatore, il quale ha un impatto diretto sul comportamento e sulla natura delle particelle subatomiche.

Questa prospettiva quantistica suggerisce che il corpo e l’ambiente sono in costante interazione e questa interazione influenza il comportamento delle particelle e, di conseguenza, la realtà che percepiamo.

CORPO NERO

Il corpo nero (astrazione teorica) fu uno dei primi oggetti di studio che portò alla formulazione dei principi fondamentali della meccanica quantistica.

In fisica, un corpo nero è un oggetto ideale che assorbe completamente tutte le radiazioni elettromagnetiche incidenti su di esso (è in grado quindi di assorbire completamente l’energia elettromagnetica che arriva ad esso), senza riflettere o trasmettere alcuna radiazione. Di conseguenza, esso appare completamente nero, perché per l’appunto non rimanda né riflette alcuna luce o radiazione. Cosa accade quando un corpo nero ideale non riflettetrasmette la radiazione elettromagnetica incidente? Accade che l’energia di quella radiazione viene completamente assorbita dal corpo e convertita in energia termica, aumentando così la temperatura del corpo stesso. Questa energia può poi essere irradiata dal corpo nero sotto forma di radiazione elettromagnetica. La quantità di radiazione elettromagnetica emessa da un corpo nero dipenderà dalla sua temperatura. A temperature più elevate, la quantità di radiazione emessa aumenterà.

Max Planck (fisico tedesco, iniziatore della MQ e premio Nobel per la fisica – 1918), durante i suoi studi sulla radiazione termica emessa da un corpo riscaldato, si accorse dell’assenza di continuità di energia nel corpo nero (nella fisica classica, secondo la teoria elettromagnetica di James Clerk Maxwell, si credeva che l’energia della radiazione elettromagnetica dovesse essere emessa e assorbita in modo continuo, senza limitazioni).

Quando Planck cercò di spiegare l’emissione di radiazione da un corpo nero utilizzando la teoria classica, si scontrò con una discrepanza tra i risultati sperimentali e le previsioni teoriche. Le previsioni della teoria classica mostravano che l’energia emessa da un corpo nero aumentava in modo indefinito con l’aumentare della frequenza della radiazione (il che significa che l’energia emessa da un corpo nero avrebbe dovuto crescere proporzionalmente alla frequenza, senza una soglia massima o un limite superiore), un risultato che contraddiceva le osservazioni sperimentali.

Gli esperimenti mostravano che, a frequenze molto elevate, l’energia emessa da un corpo nero raggiungeva un massimo e quindi diminuiva. Questo fenomeno era noto come la “catastrofe ultravioletta“.

Per risolvere questa discrepanza, Planck ipotizzò che l’energia della radiazione elettromagnetica non fosse emessa o assorbita in modo continuo, ma piuttosto in pacchetti discreti di energia. Questi pacchetti discreti di energia furono chiamati “quanti” o “pacchetti di energia”.

Planck introdusse quindi l’idea che l’energia della radiazione elettromagnetica fosse quantizzata, ossia vincolata a livelli discreti anziché essere continua.

La legge di Planck, formulata da Max Planck nel 1900, descrive come l’intensità della radiazione termica emessa da un corpo nero dipenda dalla sua temperatura e dalla frequenza (o lunghezza d’onda) della radiazione.

L‘equazione associata a questa legge descrive come l’intensità della radiazione varia al variare della frequenza e della temperatura. Essa mostra che l‘intensità della radiazione aumenta con l’aumentare della frequenza, ma diminuisce rapidamente per frequenze superiori a una certa soglia.

Successivamente, Albert Einstein nel 1905 applicò la quantizzazione dell’energia di Planck alla luce (in precedenza, secondo la fisica classica, la luce veniva considerata come un’onda elettromagnetica continua). Egli introdusse il concetto di fotoni, particelle discrete di energia luminosa che potevano interagire con la materia in modo quantizzato. Ogni fotone quindi portava con sé una quantità discreta di energia, proporzionale alla frequenza della luce. Questa idea si rivelò fondamentale per spiegare fenomeni come l’effetto fotoelettrico.

Einstein si rese conto che le stesse leggi quantistiche applicate ai fotoni potevano essere estese all’atomo. In questo contesto, Niels Bohr (fisico danese, premio Nobel per la fisica – 1922) nel 1913 sviluppò il suo modello atomico, che incorporava l’idea di orbite discrete per gli elettroni e di energia quantizzata.

Riassumendo, il corpo nero e la scoperta della quantizzazione da parte di Planck sono stati fondamentali per avviare la rivoluzione quantistica nel campo della fisica. Einstein ha poi applicato la quantizzazione alla luce. In seguito Bohr sviluppò il suo modello dell’atomo basato sulla quantizzazione dell’energia, in cui gli elettroni ruotano attorno al nucleo in orbite discrete. Einstein fu uno dei primi sostenitori del modello atomico di Bohr e lo promosse attivamente.

Einstein e Bohr nel corso della vita ebbero un rapporto complesso, caratterizzato da dibattiti scientifici e discussioni filosofiche sulla natura della fisica. quantistica.

QUANTO

Per “Quanto” ci si riferisce a una quantità discreta o individuabile (indivisibile) di energia o altra grandezza fisica (principalmente in relazione alle particelle o ai sistemi di particelle), che possa essere trasferita o misurata. Nella fisica classica, si assumeva che le grandezze potessero variare in modo continuo e infinitamente divisibile (ad esempio, si pensava che l’energia potesse variare in modo continuo da un valore minimo a un valore massimo senza restrizioni), ma nella fisica quantistica si è scoperto che alcune grandezze fisiche (come per esempio l’energia, il momento angolare e la carica elettrica) sono quantizzate.

In parole semplici: alcune grandezze fisiche possono essere trasferite o misurate solo in multipli interi di una quantità elementare, il quanto. Ad esempio, l’energia di un fotone (una particella di luce) è un quanto di energia, e quando si parla di energia quantizzata, ci si riferisce a valori discreti e multipli di questo quanto.

Quantizzare” indica il processo di rendere discrete e quantizzate tali grandezze, consentendo loro di esistere solo in valori specifici anziché in modo continuo.

MODELLO ATOMICO DI BOHR

Prima della teoria di Bohr, il modello atomico prevalente era il modello di Rutherford, secondo il quale l’atomo era costituito da un nucleo positivo al centro, circondato da elettroni che orbitavano casualmente attorno ad esso. Tale modello però aveva una serie di problemi, non riusciva a spiegare in modo soddisfacente come gli elettroni potessero mantenere le loro orbite stabili senza irradiare continuamente energia e collassare nell’atomo.

NOTA. Secondo le leggi dell’elettromagnetismo, una particella carica, come un elettrone in movimento accelerato, avrebbe dovuto irradiare energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Ciò significa che gli elettroni in orbita attorno al nucleo avrebbero gradualmente perso energia elettrica, collassando verso il nucleo stesso. Tuttavia, gli atomi sono noti per essere stabili e non collassano spontaneamente. Ciò implicava che doveva esserci qualcosa che consentisse agli elettroni di mantenere le loro orbite stabili senza irradiare continuamente energia e collassare nell’atomo.

Bohr ha introdotto una serie di postulati nel suo modello atomico per spiegare questi fenomeni. I principali punti del modello di Bohr sono i seguenti:

  1. Gli elettroni in un atomo occupano orbite quantizzate di energia ben definite. Queste orbite sono chiamate “orbite stazionarie” o “orbite di Bohr”. Ogni orbita corrisponde a un certo livello di energia dell’elettrone.
  2. Gli elettroni possono spostarsi tra le orbite assorbendo o emettendo energia sotto forma di quanti discreti chiamati fotoni. Sostanzialmente, l’energia viene emessa o assorbita dagli elettroni in forma di fotoni, che sono particelle elementari associate alla radiazione elettromagnetica, come la luce visibile. Un elettrone che assorbe energia salta a un’orbita più esterna, mentre un elettrone che emette energia passa a un’orbita più interna.
  3. Gli elettroni nelle orbite più esterne hanno livelli di energia più alti rispetto a quelli nelle orbite più interne. L’orbita più vicina al nucleo ha la minima energia, mentre quelle successive hanno energie crescenti.
  4. Gli elettroni possono occupare solo orbite consentite, corrispondenti a determinati valori di energia. Non possono esistere orbite con valori intermedi di energia.
  5. Quando gli elettroni si trovano nelle orbite consentite, non emettono radiazione elettromagnetica. Questo spiega la stabilità degli atomi, poiché gli elettroni non perdono costantemente energia.

Bohr, in sintesi, ipotizzò che gli elettroni in queste orbite stazionarie potessero circolare senza irradiare energia perché erano soggetti a una condizione di quantizzazione dell’energia. Gli elettroni potevano occupare solo specifici livelli energetici permessi, e in queste orbite stabili, le forze attrattive tra gli elettroni e il nucleo si bilanciavano con le forze centrifughe dovute al loro movimento orbitale (gli elettroni in orbita attorno al nucleo sono soggetti a forze attrattive a causa dell’interazione elettrostatica tra la carica negativa degli elettroni e la carica positiva del nucleo. Questo equilibrio permetteva agli elettroni di mantenere le loro orbite senza irradiare energia in modo continuo.

Il modello atomico di Bohr ha contribuito a spianare la strada per lo sviluppo della fisica quantistica e ha gettato le basi per la comprensione della struttura atomica. Tuttavia, nel corso degli anni successivi, con l’avanzamento della fisica quantistica, sono state sviluppate teorie più sofisticate, come il modello atomico a orbitali, che hanno superato le limitazioni del modello di Bohr. Nonostante ciò, il modello di Bohr rappresenta ancora un passo importante nella storia della fisica e fornisce una buona intuizione sulla struttura atomica.

PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI

Wolfgang Pauli (fisico austriaco naturalizzato svizzero, premio Nobel per la fisica nel 1945), studiando in modo approfondito la stabilità degli atomi formulò nel 1925  il principio di esclusione di Pauli, il quale spiega come gli elettroni si dispongono negli atomi. Egli afferma che due fermioni identici (particelle con spin semintero, come elettroni, protoni e neutroni) non possono occupare lo stesso stato quantico nello stesso sistema (due particelle non possono stare esattamente nella stessa posizione). Grazie a questo principio, sappiamo che gli elettroni si dispongono in orbitali differenti attorno al nucleo atomico, occupando orbite diverse con combinazioni uniche di numeri quantici.

Utilizzando il principio di esclusione di Pauli, Bohr fu in grado di spiegare l’origine delle linee spettrali (spettro atomico degli elementi) emesse dagli atomi e le transizioni energetiche che vi sono coinvolte.

PROPRIETA’ QUANTISTICHE DELLE PARTICELLE – PRINCIPALI

Ogni particella elementare possiede diverse proprietà quantistiche (come ad esempio massa, spin, posizione, carica elettrica ed altre grandezze). I valori di tali proprietà (determinati tramite misura quantistica), caratterizzano e distinguono la particella dalle altre particelle.

Ad esempio, l’elettrone è una particella elementare che ha una carica negativa, una massa di circa 9,1 x 10^-31 kg e uno spin di 1/2. Questi valori di proprietà sono unici per l’elettrone e lo distinguono da altre particelle, come il protone, che ha una carica positiva, una massa di circa 1,7 x 10^-27 kg e uno spin di 1/2.

Le proprietà delle particelle sono espresse in grandezze fisiche, le quali, nel loro insieme, definiscono lo stato quantico della particella. Tale stato è descritto dalla sua funzione d’onda (descrizione matematica dello stato quantico di una particella), che contiene informazioni sul comportamento e le proprietà della particella in questione.

  • Posizione: indica la probabilità di trovare la particella in una determinata posizione.
  • Massa: quantità (probabile) di materia contenuta nella particella.
  • Carica elettrica: quantità (probabile) di carica elettrica contenuta nella particella.
  • Spin: comportamento (probabile) rotazionale della particella.
  • Quantità di moto: quantità (probabile) di movimento di una particella.
  • Energia: capacità (probabile) di un sistema di svolgere lavoro o produrre calore.

Lo spin (anche definito momento angolare intrinseco) è una proprietà quantistica delle particelle subatomiche. Esso descrive il loro comportamento rotazionale e non può essere interpretato come rotazione fisica intorno a un asse, in quanto le proprietà quantistiche delle particelle subatomiche, differiscono significativamente dalle proprietà fisiche delle particelle macroscopiche che conosciamo (come ad esempio la materia che compone il nostro corpo, gli oggetti che ci circondano, etc.). Il comportamento quantistico delle particelle subatomiche, non è osservabile a scale macroscopiche (salvo alcune situazioni) a causa delle interazioni con l’ambiente circostante e della natura quantistica delle particelle subatomiche, che rende difficile ottenere informazioni precise sulle loro posizioni o velocità.

La quantità di moto è la quantità di movimento di una particella definita come il prodotto della sua massa per sua velocità.

Formula -> p = m * v
p = quantità di moto
m = massa
v  = velocità

Questa formula ci dice che la quantità di moto di una particella aumenta con la sua massa e con la sua velocità. Ad esempio, un oggetto massiccio in movimento avrà una quantità di moto maggiore rispetto a un oggetto più leggero con la stessa velocità. Si tratta di una grandezza fondamentale nella descrizione del movimento delle particelle, e ci fornisce informazioni sul loro comportamento dinamico in relazione alla loro massa e velocità.

E bene precisare che spin, quantità di moto, massa, ecc., sono essenzialmente descrizioni matematiche delle proprietà quantistiche delle particelle subatomiche e non proprietà fisiche intrinseche delle particelle subatomiche in sé.

INTERPRETAZIONE ORTODOSSA DELLA MECCANICA QUANTISTICA

Gli argomenti che di seguito andremo ora ad apprendere si basano essenzialmente sull’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica, che è la visione tradizionale della teoria.

1. Dualismo onda-particella

2. Equazione di Schrödinger

3. Funzione d’onda

4. Principio di sovrapposizione quantistica

5. Principio di indeterminazione di Heisenberg

6. Legge di Copenaghen

7. Paradosso EPR

8. Il gatto di Schrödinger

. . . 

Questi sono solo alcuni degli argomenti principali trattati nella meccanica quantistica ortodossa.

Vi sono poi altre interpretazioni, come quella a molti mondi, a variabili nascoste o l’interpretazione dell’universo olografico (che personalmente prediligo). Tutte queste teorie, adottano prospettive diverse e offrono spiegazioni alternative sulla natura particellare e sulla loro descrizione come onde o particelle.

DUALISMO ONDAPARTICELLA

La scoperta del comportamento ondulatorio delle particelle di materia, nota come dualità ondaparticella, fu inizialmente proposta dal francese Louis de Broglie (fisico, matematico e storico francese – premio Nobel per la fisica nel 1929), nella sua tesi di dottorato del 1924. De Broglie suggerì che le particelle di materia, come ad esempio gli elettroni, potessero essere descritte sia come particelle che come onde, estendendo così anche alla materia il dualismo onda-particella già introdotto da Einstein per la luce.

Tutte le particelle subatomiche (come ad esempio gli elettroni, i protoni, i fotoni e i neutroni) hanno una natura ondulatoria e corpuscolare. Tale duplice natura implica il fatto che la particella può manifestarsi sia come onda che come particella. Secondo la meccanica quantistica, la particella non è né esclusivamente ondaesclusivamente corpuscolo. La sua natura dipende dal contesto in cui viene osservata o misurata.

Quando la particella non viene osservata, si comporta come un’onda che si propaga nello spazio. In questo caso, la particella è rappresentata da una funzione d’onda (o funzione di distribuzione di probabilità) che descrive la probabilità di trovarla in uno specifico stato. Quando al contrario la particella viene osservata o misurata, la funzione d’onda collassa e la particella viene localizzata in uno specifico stato che corrisponde al valore misurato. In questo senso, la particella acquisisce una proprietà specifica solo al momento della misura. Prima della misura, la particella esiste in uno stato di sovrapposizione di tutti i possibili valori di quella proprietà.

La particella quantistica di fatto può essere presente ovunque all’interno dell’onda, ma con diverse probabilità. Se ad esempio si effettua una misura della posizione di una particella, la funzione d’onda collassa in uno stato definito dove la particella viene localizzata  in una specifica posizione nello spazio. In modo simile, quando si effettua una misura della quantità di moto o dello spin di una particella, la funzione d’onda collassa in uno stato definito dove la particella viene trovata con una specifica quantità di moto o con uno specifico valore di spin.

Lo stato della particella non è definito (in termini di proprietà specifica, come posizione, impulso, spin, energia, velocità e altre grandezze o proprietà che caratterizzano la particella quantistica), finché non viene effettuata una misura su tale proprietà specifica.

La teoria di De Broglie venne poi confermata sperimentalmente (esperimento della doppia fenditura).

WAVE-PARTICLE DUALITY

Video animazione dell’esperimento che dimostra come un oggetto quantistico (per esempio un elettrone o un fotone), è allo stesso tempo onda e particella

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Nell’immagine sottostante gli impatti delle particelle rendono visibile il modello di interferenza delle onde (come nell’esperimento di Young, per esempio)

Thierry Dugnolle, CC0, via Wikimedia Commons

INTERPRETAZIONE ONDACORPUSCOLO – VITTORIO MARCHI

Meravigliosa Intervista di Giovanni Pelosini al Prof. Vittorio Marchi (fisico e ricercatore) tratto dall’articolo Fisica Quantistica e Spiritualità, ove il professore integra concetti scientifici e filosofici combinano scienza e spiritualità in modo unico. La fusione di diverse prospettive può portare a nuove intuizioni e stimolare la nostra comprensione del mondo.

Che cosa è il tempo? Esiste veramente o è una illusione mentale?

Con l’osservazione l’onda diventa corpuscolo. L’energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell’energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l’altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre. Tutto è, anche se ciò sembra un ossimoro (paradosso): “movimento è quiete” come diceva lo stesso Gesù (primo fisico quantistico ante litteram).

FUNZIONE D’ONDA

La funzione d’onda (onda di probabilità), è un concetto fondamentale della meccanica quantistica introdotto dal fisico Erwin Schrödinger nel 1926. Essa rappresenta la descrizione matematica dello stato quantistico di una particella (o di un sistema di particelle) contenente informazioni sulla distribuzione di probabilità delle diverse grandezze fisiche, come la posizione, l’energia o il momento e la sua evoluzione è descritta dall’equazione di Schrödinger.

La funzione d’onda rappresenta quindi il comportamento ondulatorio della particella e la probabilità, per esempio, di trovarla in una determinata posizione e con una determinata quantità di moto nello spazio.

NOTA. La posizione esatta di una particella non può essere determinata con precisione, in quanto la natura probabilistica della meccanica quantistica, implica che non è sostanzialmente possibile conoscere simultaneamente tutte le proprietà delle particelle con precisione infinita.

L’ESPERIMENTO DELLA DOPPIA FENDITURA è senza dubbio uno dei casi più noti in cui è possibile osservare il fenomeno del collasso della funzione d’onda.

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L’EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER

La famosa equazione di Schrödinger, formulata nel 1925 dallo stesso Erwin Schrödinger (fisico austriaco, premio Nobel per la fisica – 1933) e pubblicata nel 1926, descrive l’evoluzione temporale delle funzioni d’onda degli oggetti quantistici.

La funzione d’onda è quindi un modo per descrivere questa natura duale delle particelle, mentre l’equazione di Schrödinger consente di calcolare (attraverso una formula matematica) come questa funzione d’onda evolve nel tempo, ovvero la probabilità di trovare una particella in una determinata posizione nello spazio e in un determinato momento nel tempo.

Quando viene effettuata una misura, la funzione d’onda che descrive la posizione probabilistica della particella, collassa, e la particella si materializza in un punto specifico nello spazio con una posizione definita. In questo modo, la particella perde la sua natura ondulatoria.

In parole semplici, la particella non ha una posizione esatta fino a quando non viene osservata, ma è distribuita probabilisticamente in tutto lo spazio.

La questione di chi o cosa debba effettuare l’osservazione per far collassare la funzione d’onda è ancora dibattuta tra i fisici quantistici.

In breve, il concetto è il seguente: quando si osserva un sistema quantistico, la sua funzione d’onda collassa in una posizione definita (e questo accade solamente dopo l’osservazione), mentre prima si trovava in una sovrapposizione di possibili posizioni.

Alcuni sostengono che l’osservazione debba essere effettuata da un osservatore cosciente, il quale ha un ruolo fondamentale nel collasso della funzione d’onda, mentre altri sostengono che l’osservazione possa essere effettuata anche da un sistema non cosciente, come strumenti di misura.

In ogni caso, la teoria quantistica ci mostra che la realtà è molto diversa da come la percepiamo nella vita quotidiana e che la nostra capacità di osservare e misurare gli oggetti quantistici può influenzare la loro natura e comportamento.

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE QUANTISTICA

Questo principio afferma che un sistema quantistico può essere in uno stato di sovrapposizione di più stati possibili contemporaneamente, fino a quando non viene osservato.

In particolare, il principio di sovrapposizione quantistica si applica alla dualità ondaparticella. Questo significa che una particella quantistica può mostrare proprietà sia di una particella che di un’onda, a seconda di come viene osservata. Quando viene osservata, la particella collassa in uno stato definito, ma prima dell’osservazione è in uno stato di sovrapposizione, in cui esiste in tutti gli stati possibili contemporaneamente.

La dualità ondaparticella si basa sul principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma che alcune coppie di grandezze fisiche, come la posizione e il momento, non possono essere misurate simultaneamente con precisione arbitraria. Ciò significa che non possiamo conoscere contemporaneamente la posizione esatta e la velocità di una particella.

Quando una particella quantistica è descritta come un’onda, presenta proprietà spaziali estese (si intende che la distribuzione di probabilità associata alla particella si estende su un’area o un intervallo di spazio più ampio rispetto a una particella localizzata) e fenomeni di interferenza e diffrazione. Quando è descritta come una particella localizzata, ha una posizione ben definita e segue una traiettoria specifica. Le differenze tra le descrizioni ondulatorie e particellari riflettono le diverse manifestazioni del comportamento quantistico delle particelle.

NOTA. Quando si parla di proprietà spaziali estese di un’onda quantistica, ci si riferisce al fatto che la probabilità di trovare la particella in diverse posizioni nello spazio è distribuita su un’area più ampia anziché essere concentrata in un punto specifico. In termini più semplici, immagina di avere un’onda che si propaga nell’acqua. L’onda ha una forma che si estende su un’area più ampia, con creste e depressioni che si propagano nello spazio. Allo stesso modo, quando una particella quantistica è descritta come un’onda, la sua funzione d’onda si estende nello spazio e può avere una distribuzione di probabilità che copre un’area più ampia.

Alcuni fisici teorici si sono chiesti se ci potesse essere una spiegazione più completa e profonda dietro il principio di sovrapposizione. La teoria delle variabili nascoste è una di queste alternative. Questa teoria propone l’esistenza di variabili non osservate o “nascoste” che determinano lo stato di una particella anche prima che venga misurata. In altre parole, sostiene che ci potrebbe essere una realtà sottostante alla meccanica quantistica che non è completamente catturata dalle equazioni e dai modelli attuali.

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG

Quando si studia il comportamento di un oggetto di dimensioni macroscopiche, l’atto di osservarlo di per sé non ha un impatto significativo,  non influisce sull’esito dell’esperimento.  Al contrario, quando si osserva il comportamento di un oggetto di dimensioni microscopiche, come ad esempio una particella subatomica, l’atto stesso di osservazione può influenzare il modo in cui si comporta l’oggetto e, di conseguenza, può anche modificare il risultato dell’esperimento. In altre parole, la semplice presenza di un osservatore può avere un impatto sul comportamento delle particelle microscopiche, per quanto riguarda invece le dimensioni macroscopiche questo effetto è trascurabile.

Werner Karl Heisenberg (fisico tedesco, premio Nobel per la fisica nel 1932), annunciò nel 1927 il principio di indeterminazione, il quale stabilisce un limite fondamentale alla precisione con cui le proprietà fisiche di una particella subatomica possono essere misurate. In particolare, il principio afferma che non è possibile misurare simultaneamente con precisione arbitraria coppie di grandezze fisiche coniugate (come per esempio la posizione e la quantità di moto oppure posizione e impulso) di una particella, ma solo con una certa incertezza. Poiché maggiore è la precisione con cui si misura la posizione di una particella, minore sarà la precisione con cui si potrà misurare la sua quantità di moto, e viceversa. Questo è dovuto al fatto che la misura della posizione di una particella altera il suo stato quantistico. In altre parole, l’atto di misurare una proprietà particellare influisce sul suo stato e quindi sulle proprietà che possono essere misurate successivamente.

Per poter determinare la posizione di una particella con elevata precisione, è necessario illuminarla con una luce di lunghezza d’onda molto corta e quindi altamente energetica. Tuttavia, questo processo di illuminazione perturba il movimento della particella stessa (quando i fotoni colpiscono l’oggetto, la loro energia e il loro momento vengono trasmessi alla particella). Al contrario, se si cerca di misurare la velocità con elevata precisione, diventa problematico determinare con esattezza la sua posizione.

Questo è ciò che solitamente si apprende dai libri e vari articoli divulgativi. È importante sottolineare che anche se riuscissimo a “vedere” la particella senza interagire con essa, la situazione non cambierebbe significativamente. L’impossibilità di misurare entrambe le grandezze fisiche (posizione e impulso ad esempio) deriva dalla natura quantistica delle particelle. Poiché esse possono essere descritte come onde di probabilità, diventa impossibile conoscere con precisione la posizione reale della particella.  Questa situazione rappresenta una caratteristica intrinseca del mondo quantistico.

Per spiegare questo principio in modo più tangibile, possiamo fare riferimento al Vaso di Rubin. Immagina di avere davanti a te un vaso e un disegno del suo profilo. Nel momento in cui ti concentri sul profilo del vaso, ti accorgi che non riesci a guardare contemporaneamente il vaso stesso. In altre parole, hai una conoscenza dettagliata della forma del profilo, ma hai perso la visione dell’oggetto nella sua completezza.

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG Tratto da Wikipedia

In molti testi divulgativi e talvolta anche universitari viene affermato che l’indeterminazione di Heisenberg fa riferimento a misure simultanee. Egli le cita nel sommario dell’articolo originale: «grandezze canonicamente coniugate possono essere determinate simultaneamente solo con una imprecisione caratteristica». Nel resto del suo lavoro non menziona misure o procedimenti simultanei, ma si limita a parlare di grandezze fisiche e delle incertezze con cui possono essere conosciute. Fu invece Bohr ad introdurre l’impossibilità di misure simultanee, che però andrebbe riferita alla complementarità e non all’indeterminazione di Heisenberg.

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG SPIEGATO IN MODO SEMPLICE – Antonella Ravizza – Tratto da Scienza e Conoscenza

Prendiamo come esempio una pallina da biliardo e illuminiamola per poterla osservare. Il fascio di luce fornisce energia alla pallina, ma questa energia non è sufficiente ad imprimere una forza abbastanza apprezzabile alla pallina. Considerando ora una situazione analoga con un elettrone, illuminando l’elettrone con un fascio di luce il moto dell’elettrone risulta perturbato dai fotoni, perché la luce porta energia e impulso, e di conseguenza il nostro elettrone riceverebbe una piccola spinta che modificherebbe il suo stato di moto.

Perciò più si illumina con potenti microscopi, più gli si fornisce energia che fa cambiare la sua velocità rispetto a quella di partenza e di conseguenza la sua quantità di moto (prodotto della massa per la velocità).

Non è quindi possibile conoscere con precisione dove l’elettrone si trova, senza dargli una quantità di moto non determinabile: perciò è impossibile sapere con precisione e contemporaneamente dove l’elettrone è e che velocità possiede. In questo modo perde senso anche il concetto di traiettoria, perché si può parlare di traiettoria solo quando si può osservare il movimento di un corpo senza perturbare tale moto.

Il principio di indeterminazione evidenzia che non possiamo separare completamente l’oggetto quantistico (come un atomo) dallo strumento di misura. Nella meccanica quantistica, l’interazione tra l’oggetto e lo strumento di misura è un aspetto fondamentale della misurazione stessa. Pertanto, quando misuriamo un’entità quantistica, non possiamo considerare l’oggetto e lo strumento di misura come entità separate, ma come un sistema interconnesso in cui l’interazione tra di loro influisce sul risultato della misurazione.

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La meccanica quantistica in particolare ci dice che vi sono delle limitazioni a come noi possiamo interagire con la Natura e all’informazione che ne possiamo trarre. Bohr non era d’accordo con Heisenberg sul fatto che esista una limitazione ontologica nella Natura, ma resta il fatto che tutti sono d’accordo sul fatto che vi sono limitazioni all’informazione che possiamo trarre dagli esperimenti. E questa è una proprietà della Natura che limita l’interazione tra sistemi in generale – Simone Baroni.

INDETERMINISMO

Il concetto di indeterminismo, in ambito scientifico e filosofico, si riferisce all’idea che alcuni eventi o fenomeni non possono essere predetti in modo preciso o deterministico. In altre parole, l’indeterminismo sostiene che nonostante le conoscenze e le leggi che governano il mondo, ci sono limiti intrinseci alla nostra capacità di fare previsioni esatte.

Il senso profondo dell’indeterminismo risiede nell’ammissione che l’universo non è completamente prevedibile. Ciò significa che, anche se abbiamo una conoscenza accurata delle leggi fisiche e delle condizioni iniziali di un sistema, potremmo ancora non essere in grado di prevedere esattamente ciò che accadrà nel futuro.

L’indeterminismo non necessariamente limita il concetto di causaeffetto in modo assoluto, ma può introdurre delle limitazioni nelle nostre capacità di riconoscere e prevedere le cause ed effetti con certezza assoluta.

L’indeterminismo non impedisce completamente di predire il futuro, ma può rendere difficile o impossibile fare previsioni precise su alcuni eventi o fenomeni. Tuttavia, è importante sottolineare che molti fenomeni naturali possono comunque essere previsti e compresi in modo accurato attraverso l’uso di modelli scientifici e statistiche. L’indeterminismo introduce una limitazione nelle nostre capacità di conoscenza e predizione, ma non significa che tutto sia completamente imprevedibile o privo di regolarità.

LA LEGGE DI COPENAGHEN

La legge di Copenaghen (formulata da Niels Bohr e Werner Heisenberg attorno al 1927), afferma che lo stato di una particella subatomica non è di fatto definito fino a quando non viene osservato o misurato. Non vi è quindi una corrispondenza nella realtà fino a che non viene effettuata una misura, la quale costringe” la particella a scegliere uno stato specifico. Inoltre, ha introdotto il principio di sovrapposizione, secondo cui una particella quantistica può esistere contemporaneamente in più stati di energia.

Le proprietà fisiche di un sistema non esistono finché non le misuriamo. Esse non preesistono alla misura.

L’interpretazione di Copenaghen solleva diversi dubbi sulla natura della realtà. Poiché l’osservatore sembra avere un ruolo attivo nella creazione della stessa (tramite il processo di misurazione), sorge spontaneo supporre che ciò che viene percepito come realtà, potrebbe essere il risultato di una costruzione mentale.

Questo suggerisce che la realtà non esiste indipendentemente dall’osservatore, ma che è creata dall’osservazione stessa, in quanto emerge attraverso l’atto stesso dell’osservazione.

Osservatore ed osservato sono entrambi parte integrante del sistema e sono intrinsecamente legati, pertanto, non possono essere considerati separatamente, non possono scindere l’uno dall’altro. L’osservatore e l’osservato possono essere considerati come un’unica entità.

Tutto ciò implica che la realtà fisica è in qualche modo cocreata dall’osservatore e dall’oggetto osservato. In altre parole, il processo di osservazione non è una semplice registrazione passiva della realtà preesistente, in quanto la realtà viene creata attraverso l’interazione tra l’osservatore e l’oggetto osservato.

Niels Bohr: “se la meccanica quantistica non ti ha profondamente shockato, non l’hai ancora compresa.”

Niels Bohr: “tutto ciò che chiamiamo reale è fatto di cose che non possono essere considerate reali”.

La legge di Copenaghen è stata oggetto di numerose critiche e dibattiti all’interno della comunità scientifica e filosofica.

Molte furono le obiezioni mosse nei confronti dell’interpretazione di Copenaghen. Criticata duramente da fisici e filosofi, a sostengono di una realtà oggettiva indipendentemente dall’osservatore.

Einstein riteneva che una teoria fisica dovesse descrivere una realtà oggettiva e indipendente dalla presenza di un osservatore. Secondo lui gli oggetti di fatto hanno proprietà definite anche se non li osserviamo o se non interagiscono con altri oggetti. Di seguito la sua celebre frase.

Albert Einstein: «credi davvero che la luna non sia lì se non la guardi?»

Egli aveva difficoltà a concepire che la realtà potesse essere interpretata solo in termini di probabilità e non di eventi oggettivi. Di seguito la sua celebre frase e la risposta di Bohr.

Albert Einstein: “Dio non gioca a dadi”
Niels Bohr: “smettila di dire a Dio che cosa fare con i suoi dadi”

NOTA: Ricordiamo che Einstein, anche se inizialmente era scettico nei confronti della meccanica quantistica, diede importanti contributi a favore della stessa. Oltre ad essere padre fondatore e unico creatore della teoria della relatività, uno dei suoi primi e preziosi contributi alla MQ è stato lo studio dell’effetto fotoelettrico, per il quale ha ricevuto il premio Nobel nel 1921.

Tale effetto produce l’emissione di elettroni da un materiale (ad esempio un metallo) colpito da radiazione elettromagnetica di frequenza. Per l’esattezza, quando la luce colpisce la superficie di un materiale, la sua energia viene trasferita agli elettroni del materiale, che possono diventare abbastanza energetici da superare la forza di attrazione dei nuclei e uscire dal materiale stesso. La frequenza della luce deve superare una certa soglia (detta “frequenza di soglia” o “energia di ionizzazione”) affinché si verifichi l’effetto fotoelettrico, il quale, permette di convertire l’energia della luce in energia elettrica. Questa tecnologia è alla base dei pannelli solari, dove l’energia solare viene utilizzata per generare elettricità, rendendola una fonte di energia rinnovabile e pulita.

L’effetto fotoelettrico fu studiato per la prima volta da Heinrich Hertz nel 1887, ma fu Albert Einstein a fornire una spiegazione teorica del fenomeno nel 1905, basandosi sulla teoria dei quanti di energia.

IL PARADOSSO EPR

Nasce in questo contesto (correva l’anno 1935 ) il paradosso EPR, esperimento mentale formulato dalla riflessione di Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen sulla natura della teoria quantistica e sulle implicazioni dell’entanglement quantistico.

Le motivazioni principali sono:

  • esistenza delle proprietà degli oggetti anche quando non si osservano o interagiscono con altri oggetti
  • nonlocalità

Per Einstein la meccanica quantistica era di fatto una teoria incompleta. . . doveva esserci qualche informazione mancante.

L’esperimento coinvolge la misurazione di due particelle subatomiche in uno stato di entanglement, ovvero strettamente correlate anche a grandi distanze. Quando una particella viene misurata, l’altra particella cambia istantaneamente il suo stato, anche se è molto lontana dalla prima particella. Einstein sosteneva che il principio di località (secondo il quale gli effetti fisici non possono propagarsi oltre la velocità della luce) era una delle basi fondamentali della fisica e non poteva essere violato. Questo principio è una conseguenza diretta della teoria della relatività di Einstein, secondo cui niente può viaggiare più velocemente della luce, poiché ciò avrebbe conseguenze paradossali, come la possibilità di trasmettere informazioni nel passato. Einstein, Podolsky e Rosen hanno perciò proposto una serie di argomenti secondo cui il concetto di entanglement quantistico sembrerebbe proprio violare il principio di località.

Tuttavia, l’esperimento (dapprima formulato come idea teorica e successivamente confermato sperimentalmente), dimostrò oltre ogni ragionevole dubbio, l’esistenza della “non località” delle particelle subatomiche, ovvero la capacità di interagire istantaneamente a distanze anche molto grandi, senza bisogno di un meccanismo di trasmissione di informazioni a velocità superluminale (Entanglement quantistico).

L’entanglement non viola quindi il limite della velocità della luce.

Quantunque, sebbene Einstein abbia difeso il principio di località, la sua critica ha contribuito a sviluppare ulteriormente la teoria, portando a scoperte importanti nella fisica quantistica.

Il termine “entanglement” fu introdotto da Erwin Schrödinger in una recensione dell’articolo di Einstein, Podolsky e Rosen sul Paradosso EPR, il quale rivelò a livello teorico il fenomeno dell’entanglement quantistico. Quindi, il termine “entanglement” è stato coniato da Schrödinger sulla base della scoperta di tale fenomeno descritto nel Paradosso EPR.

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NON-LOCALITA’ ENTANGLEMENT

Nonlocalità ed Entanglement sono due concetti correlati in meccanica quantistica.

L’entanglement quantistico si verifica quando due o più particelle subatomiche diventano interdipendenti e fortemente correlate. Anche se queste particelle sono di fatto separate da grandi distanze, qualsiasi azione effettuata su una influirà immediatamente sullo stato dell’altra. Questo fenomeno sembra violare il principio di località, il quale afferma che nulla può viaggiare più velocemente della luce e che le particelle separate da grandi distanze non possono influenzarsi a vicenda.

La nonlocalità, d’altro canto, si riferisce essenzialmente alla capacità di particelle entangled di influenzarsi a vicenda istantaneamente, indipendentemente dalla distanza che le separa. L’entanglement quantistico e la nonlocalità sono concetti strettamente correlati perché il primo sembra essere la causa della seconda.

In linea generale si può affermare che l’entanglement quantistico si verifica quando le particelle subatomiche interagiscono in modo tale che le loro funzioni d’onda si combinano, creando un’unica funzione d’onda che descrive lo stato quantistico del sistema di particelle.

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

Il paradosso del Gatto di Schrödinger è un esperimento mentale proposto dallo stesso fisico austriaco Erwin Schrödinger nel 1935. Il suo scopo era quello di mettere in evidenza alcune delle implicazioni bizzarre e controintuitive della teoria quantistica su scala macroscopica.

Come abbiamo visto la legge di Copenaghen è una delle interpretazioni della meccanica quantistica che afferma che una particella quantistica può esistere in uno stato di sovrapposizione di più stati, fino a quando non viene misurata. Solo in quel momento, la particella “sceglie” uno stato e l’atto di misura influisce sul risultato finale.

Nel paradosso, un gatto è posto all’interno di una scatola chiusa con una fonte di radiazioni e un meccanismo che, se attivato, lo ucciderebbe. Secondo la legge di Copenaghen, finché la scatola non viene aperta e osservata, il gatto si trova in uno stato di sovrapposizione (o in una sovrapposizione di stati macroscopiche) tra essere vivo e morto contemporaneamente.  Ciò significa che il gatto è sia vivo che morto, e solo l’atto di aprire la scatola per osservarlo determinerà il suo stato finale.

La meccanica quantistica prevede che l’atto di misura possa forzare la riduzione di uno stato quantistico da una sovrapposizione di possibili stati a uno stato definito. Nel caso del gatto di Schrödinger, l’apertura della scatola rappresenta l’atto di misura che forza la riduzione dello stato quantistico del gatto da una sovrapposizione di stati a uno stato definito, ovvero vivo o morto. La probabilità di trovare il gatto vivo o morto dipende dalla probabilità dell’evento quantistico che lo ha determinato, ma una volta che si osserva lo stato del gatto, esso sarà in uno stato definito e non più in sovrapposizione. Tuttavia, il paradosso si riferisce al fatto che fino a quel momento, la funzione d’onda del gatto è in una sovrapposizione di stati, il che sembra essere contraddittorio con la nostra esperienza quotidiana del mondo macroscopico, dove oggetti come il gatto sono o vivi o morti, ma non in una sovrapposizione di entrambi gli stati.

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IL GATTO DI SCHRODINGER La Fisica Che Ci Piace
l’esperimento mentale più famoso al mondo

DAVID BOHMINTERPRETAZIONE DELLA MECCANICA QUANTISTICA

Riassumendo brevemente quanto detto in precedenza. L’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica è comunemente nota come l’interpretazione di Copenhagen, sviluppata principalmente da Niels Bohr e Werner Heisenberg negli anni ‘20 e ‘30. Questa interpretazione si basa sull’idea che gli stati quantistici sono descritti da funzioni d’onda che evolvono secondo l’equazione di Schrödinger e che le misure causano una “collasso della funzione d’onda“, selezionando uno degli stati possibili.

l’interpretazione di David Bohm della meccanica quantistica non è considerata ortodossa, ciononostante ha generato un interesse significativo nel mondo della scienza, ed ha un vastissimo seguito di sostenitori tra scienziati, filosofi e studiosi. Sono ormai in tanti a sostenere che tale teoria offra una spiegazione intuitiva e completa dei fenomeni quantistici.

David Bohm “Il mondo si presenta come un insieme di oggetti separati che interagiscono tra loro, ma in realtà non c’è separazione, solo relazioni in continuo movimento. La realtà non è fissa, ma è un flusso dinamico di energia e informazione che si manifesta attraverso una rete intricata di relazioni”.

La totalità dell’universo è presente in ogni sua parte. Non c’è divisione reale tra interno ed esterno, ma solo una profonda interconnessione.

David Bohm è stato un eminente scienziato e brillante filosofo del XX secolo, ammirato per la sua straordinaria originalità e profondità di pensiero. Bohm è noto per aver contribuito in modo determinante al campo della fisica, offrendo nuove prospettive e interpretazioni che hanno stimolato importanti sviluppi nella disciplina. La sua mente lungimirante gli permetteva di andare oltre i confini convenzionali, egli non si limitava a una visione ristretta o settoriale, ma cercava di comprendere i fenomeni in un contesto più ampio, cercando connessioni e relazioni tra le diverse discipline. Questo approccio multidisciplinare e integrativo gli ha permesso di sviluppare nuove teorie e di offrire una visione olistica delle questioni scientifiche e filosofiche.

Una delle sue principali scoperte è stata il concetto di “potenziale quantico“, un parametro invisibile della fisica che ha una stretta relazione con la coscienza e guida l’intera esistenza, dalle particelle elementari agli organismi complessi. Questa scoperta ha portato Bohm a sviluppare una nuova versione della meccanica quantistica, che offriva un ordine e uno scopo in un contesto che sembrava caratterizzato solo da caos, casualità o, al massimo, probabilità, secondo la teoria fisica classica. Egli ha formulato una teoria più ampia chiamata “ordine implicato“, in cui ogni cosa materialmente esistente ha un corrispondente esistente spiritualmente (ovvero ogni cosa che esiste materialmente ha un corrispettivo o un fondamento in una dimensione più sottile o spirituale). Il suo universo si estende dalla fisica delle particelle subatomiche a una nuova cosmologia in cui mente e materia coesistono in armonia.

La sua interpretazione della fisica quantistica (da lui stesso sviluppata negli anni ’50 e ’60), nota come onda pilotainterpretazione causale, meccanica bohmiana, o teoria delle variabili nascoste, si basa sull’idea che le particelle quantistiche possiedono proprietà definite anche quando non vengono osservate, quindi in contrasto con la teoria di Copenaghen, la quale come già sappiamo sostiene che tali particelle, al contrario, non hanno proprietà definite fino a quando non vengono misurate.

La teoria di Bohm riprende in parte l’idea dell’onda pilota presentata da Louis de Broglie nel 1927 durante la quinta Conferenza Solvay. De Broglie propose che le particelle subatomiche fossero guidate da un’onda pilota che avrebbe determinato il loro comportamento probabilistico (quindi una particella associata a un’onda che ne guida il moto). Questa idea era stata successivamente abbandonata dallo stesso de Broglie e dalla maggior parte dei fisici, fino a quando Bohm non l’ha ripresa e sviluppata ulteriormente.

L’interpretazione causale di Bohm-de Broglie si basa sull’idea che la realtà subatomica sia composta da oggetti reali, come le particelle e il campo che le circonda, anche quando non sono osservati o misurati. ***Inoltre, i movimenti delle particelle sono determinati dal campo che le circonda, il che significa che non sono casuali ma causali*** Questo elimina la necessità di ipotizzare un collasso della funzione d’onda, poiché la realtà oggettiva è sempre presente e non è influenzata dalle misure o dalle osservazioni degli sperimentatori. L’interpretazione di Bohm-de Broglie rappresenta quindi un’alternativa all’interpretazione di Copenaghen, poiché introduce il concetto di una realtà sub-atomica oggettiva e causale, che esiste indipendentemente dall’osservazione umana.

***In fisica, l’aggettivo “causale” si riferisce all’idea che gli eventi sono causati da altri eventi che li precedono e che, quindi, ci sia una relazione causaeffetto tra di essi.

Bohm introduce il concetto di potenziale quantico (Q) come una forza nonlocale che agisce sulla particella.

Egli sviluppò quindi un’interpretazione filosofica che descrive l’universo come sistema unitario e interconnesso. Secondo il fisico, l’onda pilota che guida il movimento delle particelle quantistiche è una manifestazione di una realtà fisica più profonda (che chiama “implicate order“). Un’ordine interconnesso e non locale presente ovunque, che collega ogni parte dell’universo.

L’universo potrebbe quindi essere considerato come olografico, all’interno del quale ogni singola particella contiene informazioni sull’intero sistema.

Per Bohm “implicate order” è l’essenza fondamentale dell’universo, ed il nostro mondo fisico (che vediamo e sperimentiamo) è solo una manifestazione di tale ordine a una scala più grande.

L’universo non è composto solo da ciò che possiamo osservare nella realtà esplicita (o “esplicate order”), ma esiste anche una realtà nascosta (o “implicate order“) che è all’origine della realtà esplicita.

L’esplicate order è la realtà che percepiamo attraverso i nostri sensi, mentre l’implicate order è la realtà nascosta che non possiamo vedere direttamente, ma che è presente in ogni particella dell’universo.

Questa visione dell’universo è stata associata alla filosofia dell’uno (unico) e alla spiritualità, e ha suscitato grande coinvolgimento tra i filosofi e i ricercatori interessati all’interconnessione e all’unità dell’universo.

Per Bohm quindi, l’entanglement quantistico implica l’esistenza di una connessione nonlocale tra le particelle quantistiche che si estende al di là dello spazio e del tempo. Secondo la sua teoria dell’onda pilota, l’entanglement quantistico si verifica perché le particelle sono interconnesse attraverso l’onda stessa che le guida, e quest’onda può influenzare istantaneamente tutte le particelle coinvolte nell’entanglement, indipendentemente dalla loro distanza.

L‘entanglement quantistico è quindi una manifestazione dell’interconnessione fondamentale tra tutte le particelle dell’universo, e tale interconnessione avviene attraverso l’onda pilota che guida il loro movimento. In questo senso tale onda può essere vista come una sorta di ponte tra le particelle quantistiche, che permette loro di comunicare e interagire istantaneamente, senza la necessità di una qualche forma di trasmissione di informazione.

David Bohm (Wholeness and the Implicate Order, 1980): “Se l’uomo pensa alla totalità come costituita di frammenti indipendenti, allora ecco che anche la sua mente tenderà a operare alla stessa maniera; ma se l’uomo riesce a includere tutto coerentemente e armoniosamente in una totalità indivisa, senza confini, allora la sua mente tenderà a funzionare in modo unitario e a questo seguirà un’azione ordinata all’interno del tutto.”

La tesi in questione sostiene che non sono le particelle elementari (come elettroni, protoni e fotoni) ad essere gli elementi (o mattoni) fondamentali della natura. Al contrario, la realtà fondamentale è unica e indivisibile e governa il comportamento delle particelle.

L’universo è composto da un’interconnessione fondamentale tra tutte le parti dello stesso, piuttosto che da parti distinte e separate.

Secondo la visione di Bohm, noi come esseri umani siamo parte di questo insieme interconnesso e non esistiamo in modo isolato e separato dal resto dell’universo. Ciò significa che tutto ciò che facciamo e pensiamo ha un impatto su ciò che ci circonda e viceversa. Come esseri umani siamo limitati dalle nostre esperienze, percezioni e dal nostro punto di vista, e non possiamo di fatto vedere l’universo nella sua totalità, in quanto ciò che vediamo è solo una piccola parte di esso. Tuttavia, secondo Bohm, possiamo avvicinarci a una comprensione più profonda dell’universo e della nostra relazione con esso, se ci rendiamo conto di essere parte di una totalità indivisibile.

Sia Einstein che Bohm non erano d’accordo con l’interpretazione standard della meccanica quantistica proposta da Bohr e dai suoi seguaci. Non accettavano l’affermazione che la teoria quantistica fosse completa, nel senso che non vi fosse alcuna realtà più profonda del mondo subatomico e che nessuna spiegazione più chiara potesse essere trovata. Per Bohm e Einstein (che credono ad una realtà sottostante più profonda) la natura potrebbe essere infinita e nessuna teoria potrebbe mai spiegarla completamente.

TEORIA QUANTISTICA DEI CAMPI – QUANTUM FIELDS

La teoria quantistica dei campi – (Quantum field theory – QFT) o anche definita come la teoria quantistica delle particelle interagenti, è l’unificazione della teoria classica dei campidella meccanica quantistica e della relatività ristretta). Essa descrive il comportamento delle cellule elementari e le loro interazioni attraverso i campi quantistici.

Secondo la teoria quantistica dei campi, l’universo è composto da campi quantistici che esistono in ogni punto dello spaziotempo (una sorta di sostanza o “sorgente invisibile che permea tutto lo spazio). Le particelle subatomiche che osserviamo nell’universo sono considerate come eccitazioni del campo ad esse associato (o sottostante), o stati eccitati di un punto del campo. Il modo in cui queste particelle interagiscono tra loro e con l’ambiente dipende dalle proprietà dei campi stessi che le generano. Quindi, l’essenza fondamentale dell’universo non è costituita da particelle separate e distinte, ma piuttosto da un insieme di campi quantistici interagenti, che si estendono in ogni punto dello spaziotempo e che, attraverso le loro fluttuazioni o perturbazioni creano le particelle che osserviamo. Il campo quantistico esiste indipendentemente dalle particelle subatomiche, ma le particelle subatomiche possono interagire con il campo e influenzare la sua dinamica.

Ogni particella subatomica ha il suo corrispondente campo quantistico, ovvero il campo che le permette di interagire con l’ambiente e di propagarsi nello spaziotempo. Ad esempio, l’elettrone è associato al campo dell’elettrone (in quanto eccitazione di tale campo), il fotone è associato al campo elettromagnetico (poiché eccitazione di tale campo), il bosone di Higgs è associato al campo di Higgs, mentre  i quark nascono (o si manifestano) dal campo dei quark e così via.

I campi quantistici nella TQC descrivono le proprietà fondamentali (o stato quantistico) delle particelle elementari, mentre le interazioni descrivono come le particelle interagiscono tra loro attraverso lo scambio di particelle mediatrici (si tratta di particelle virtuali che non esistono in quanto reali, ma che mediano l’interazione tra le particelle elementari).

Nell’interazione elettromagnetica tra due particelle cariche, gli elettroni emettono e assorbono fotoni (bosoni mediatori della forza elettromagnetica) per interagire l’uno con l’altro.

Le interazioni tra particelle, mediate dalle particelle di gauge (chiamate anche bosoni di gauge o vettori di gauge), danno origine a varie proprietà e fenomeni fisici che osserviamo in natura.

Ad esempio, l’interazione elettromagnetica tra particelle cariche come gli elettroni è responsabile di molti fenomeni, tra cui la luce, il calore, la chimica e l’elettricità. Senza l’interazione elettromagnetica, non ci sarebbero né luce né segnali elettrici che utilizziamo per le comunicazioni moderne.

Il campo e il quanto sono concetti di per sé interconnessi nella fisica quantistica, dove il campo è la descrizione matematica di una qualità fisica, e il quanto è la sua manifestazione concreta.

Oppure, si potrebbe dire che i campi quantistici rappresentano una sorta di “tessuto” fondamentale dell’universo, su cui si basano tutte le interazioni a livello subatomico, mentre le particelle sono la manifestazione fisica delle fluttuazioni di tali campi, proprio come le onde sono la manifestazione fisica delle fluttuazioni del mare.

MODELLO STANDARD – CLASSIFICAZIONE PARTICELLE ELEMENTARI TRATTO DA WIKIPEDIA

Il MS è la teoria fisica che descrive tre delle quattro interazioni fondamentali note:

  1. Interazione nucleare forte;
  2. Interazione elettromagnetica;
  3. Interazione nucleare debole;

(le ultime due unificate nell’interazione elettrodebole) e tutte le particelle elementari ad esse collegate.

I bosoni risultano essere le particelle mediatrici delle interazioni fondamentali.

Bosoni vettori:

  1. Fotone che media interazione elettromagnetica;
  2. Bosoni W e Z che mediano la forza nucleare debole;
  3. Gluone in otto tipi diversi, che media la forza nucleare forte.

Bosoni scalari:

  1. Bosone di Higgs, che induce la rottura spontanea della simmetria dei gruppi di gauge ed è responsabile della massa inerziale delle particelle elementari.

gravitoni, bosoni ipotetici che si pensa medino l’interazione gravitazionale in una possibile formulazione quantistica, non sono considerati nel modello standard.

Secondo la teoria quantistica dei campi, le particelle che costituiscono la materia interagiscono attraverso lo scambio di uno o più bosoni di gauge (o bosoni vettoriali), che mediano l’interazione tra particelle cariche, ovvero particelle elementari mediatrici di forza che costituiscono i quanti del rispettivo campo. L’interazione fra due elettroni avviene ad esempio attraverso l’emissione e l’assorbimento di fotoni.

Le particelle elementari che compongono l’intero universo si possono distinguere in particellemateria, di tipo fermionico (quarkelettroni neutrini, dotati tutti di massa) e particelleforza, di tipo bosonico, portatrici delle forze fondamentali esistenti in natura (fotoni e gluoni, privi di massa, e i bosoni W e Z, dotati di massa).

Gli scienziati cercano costantemente di trovare un’unica teoria che possa unificare le quattro forze. Questo obiettivo è noto come la “teoria del tutto“.

GRAFICO – MODELLO STANDARD DELLE PARTICELLE ELEMENTARI

MS_delle_Particelle_Elementari

TRATTO DAL LIBRO: “ZENIX” – RICCARDO TRISTANO TUIS 

. . .Il lego elettromagnetico olografico costituisce qualsiasi unità olografica, dai quark all’universo: più l’oggetto è grande e più esso è rivestito di assemblati spazialmente dilatati, ma se incominciassimo a spogliarlo scopriremo che è composto da “bambole cinesi” sempre più piccole che portano alla struttura base dei quark e stringhe, entità quantistiche molto sensibili all’effetto osservatore. Di fatto l’universo olografico che corrisponde alla nostra realtà condivisa (la comunità di osservatori umani) è costituito di singoli eventi e i singoli eventi sono prodotti da interazioni tra oggetti e osservatori. Tra gli osservatori ci siamo anche noi esseri umani che siamo formati da cellule e le cellule sono costituite da molecole, queste a loro volta sono formate da elementi e questi ultimi sono costituiti da atomi. Gli atomi non sono l’ultimo anello della catena dell’infinitamente piccolo poiché a loro volta sono formati da particelle subatomiche e queste a loro volta sono costituite da quark e i quark sono il prodotto di una vibrazione chiamata stringa dagli scienziati.

Se un semplice atto d’osservazione modifica la distribuzione di fotoni, elettroni, atomi, ecc. una potente visualizzazione supportata da un’energia e consapevolezza adeguata che cosa può fare? Noi possiamo modificare le nostre cellule cerebrali, possiamo guarire il nostro corpo, siamo in grado di far collassare le probabilità di un singolo evento specifico fino a modellare la realtà condivisa senza infrangere nessuna legge fisica se non le nostre vecchie credenze di che cosa fosse la realtà.

INTERPRETAZIONE FORZA DEBOLE – VITTORIO MARCHI

Affascinante interpretazione della forza nucleare debole formulata da Vittorio Marchi (fisico e ricercatore) – Tratto dall’articolo Tutti X 1,1 X Tutti – Scienza e Conoscenza

La corretta interpretazione della forza nucleare debole è la seguente: è l’unica forza (ignota alla fisica ufficiale, impegnata ancora nella ricerca di unificazione di tutte le forze) di cui tutte le altre sono manifestazioni. Muove il cuore delle stelle e commuove quello dell’uomo. E’ impropriamente chiamata debole perché sfugge all’analisi degli strumenti scientifici, mentre è rivelatrice per il sistema neurocerebrale umano. Fa parte del sistema della forza ED (elettrodebole) e ne rappresenta uno dei 2 lati. Presenta le seguenti caratteristiche: 

  • Trasmette emozione (emo = sangue + azione);
  • Unisce il visibile all’invisibile;
  • Provoca l’alchimia (trasmutazione delle sostanze);
  • Dirige e governa l’evoluzione cosmica;
  • Trasforma la materia nucleare;
  • Dirige e controlla la fusione nucleare di tutte le stelle dell’Universo.

Si dice che la forza debole (in realtà campo debole)  sia stata scoperta negli anni 70. Ma in realtà si conosceva già negli anni 50 per merito di Enrico Fermi, chiamato per questo il Signore delle stelle da John WhilerPer la verità il primo ad avere l’ intuizione della sua esistenza fu Ettore Majorana. Non si può vedere. (Materia esotica od oscura 25%, Energia oscura 70% , Materia ordinaria oscura 4,5%). La forza debole non si vede, ma si può solo percepire, perché è mascherata dalla luce elettromagnetica che, come un velo formato dalla Magnetosfera, la avvolge nel suo stato di luce ordinaria (0,005%), impressionata dalla retina dell’occhio umano. Si distingue dalla luce elettromagnetica, perché quest’ultima ha le seguenti caratteristiche: 

  • Mostra solo il visibile dell’osservabile;
  • Crea l’orizzonte illusorio degli eventi;
  • Crea lo spaziotempo;
  • Crea una realtà di immagini (per interferenza di onde vibratorie) che è illusoria.

Il lato debole di questa forza è quello che sta trasformando il “cuoreed il cervello dell’essere umano, vera e propria antenna cosmica. E’ stata volutamente trascurata e fintamente snobbata (basta vedere la manipolazione paradossale del nome che ne è stata fatta) perché essa è connessa alla scoperta della free energy, un evento fortemente destabilizzante  per i signori dell’energia. Nessuna incomprensione.

Diagramma di Feynman che rappresenta il decadimento beta negativo: un neutrone “udd” si trasforma in un protone “uud” attraverso l’emissione di un bosone W, che a sua volta si scinde in un elettrone e in un antineutrino elettronico

INTERPRETAZIONE FORZA ELETTRODEBOLE – GIULIANA CONFORTO
La forza che sta per cambiare il mondo. Tratto da un’intervista a cura di Floriana Balli.

Le Scienze dello Spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai  fotoni, messaggeri privi di massa e non l’unica esistente. Cè unaltra Luce. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, comuovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata Elettrodebole. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al CERN a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di Luce la Forza, è sempre esistita in Natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente. La Forza ha le stesse note attribuite a “Dio”, con una sorpresa in più: il corpo umano è in comunione naturale con il flusso dei bosoni neutri Z che possiamo chiamare “il lato luminoso”. È invisibile con gli occhi, ma sensibile come emozioni, sensazioni o intuizioni. Per me coincide con il fiume della vita già cantato da Eraclito 2500 anni fa, testimoniato da tanti saggi, poeti e civiltà considerate “primitive”.

È l’unica Forza che anima e unisce infiniti mondi intelligenti scriveva Giordano Bruno.

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INTRODUZIONE ALLA MQ Dipartimento di Matematica e Fisica – Roma TRE
Lezioni di introduzione alla MQ (riassumono i concetti finora trattati) – Prof. V. Lubicz

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INTRODUZIONE ALLA MQ Pepite di Scienza
Lezioni di introduzione alla MQ (riassumono i concetti finora trattati) – Prof. Simone Baroni

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A cura di Serena Giannini

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MQ E MUSICA DELLE PARTICELLEENTANGLEMENT – SINCRONIZZAZIONE – RISONANZA

Singer – Arranger – Composer – Virtual Orchestrator

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